Un gesto simbolico, ma potente, che ha scosso la comunità di Caivano. Domenica 29 settembre 2025, durante la messa, un uomo ha consegnato a don Antonio Patriciello un proiettile, un atto che va oltre l’intimidazione personale: è il linguaggio crudo della camorra rivolto a chi lotta contro di essa. Il sacerdote, da anni impegnato a favore dei giovani e contro la criminalità organizzata, è diventato ancora una volta bersaglio della violenza simbolica del clan.
Figura di riferimento per la comunità di Caivano, in provincia di Napoli, Don Antonio Patriciello da anni si batte contro la camorra con iniziative sociali, educative e culturali rivolte ai giovani, offrendo percorsi alternativi alla violenza della malavita. La sua presenza sul territorio, il dialogo con le famiglie e il sostegno alle istituzioni locali lo rendono un simbolo di coraggio e di impegno civile.
Il proiettile come avvertimento
L’episodio della messa non è solo un atto isolato: nella simbologia della camorra, consegnare un proiettile significa lanciare un messaggio chiaro. È una minaccia diretta, un modo per far capire che la persona è nel mirino, ma anche un avvertimento: “Sii consapevole del pericolo”. Questo linguaggio crudo e silenzioso ha un peso reale nella psicologia di chi lo riceve e nella comunità che ne viene a conoscenza.
Dopo l’atto intimidatorio, le misure di sicurezza attorno a don Patriciello sono state immediatamente rafforzate. La comunità locale e le autorità hanno condannato il gesto, sottolineando quanto sia importante proteggere chi, come il sacerdote, rappresenta un modello di impegno civile. L’episodio ha riacceso il dibattito sul rischio quotidiano che corrono coloro che sfidano le dinamiche criminali della camorra.
Coraggio e resilienza
Il gesto intimidatorio a don Patriciello è un monito sulla pericolosità di chi combatte contro la criminalità organizzata, ma rappresenta anche la determinazione di chi non si lascia intimidire. Il sacerdote napoletano resta simbolo di resistenza civile: la sua presenza continua a essere un faro per i giovani e per l’intera comunità, dimostrando che la lotta alla camorra passa anche attraverso il coraggio e la coesione sociale.
A cura di Chiara Bollo