Avviso a tifosi, presunti intenditori, opinionisti per professione e influencer per passione: grazie alla sosta per le nazionali avete due settimane di tempo per pensare, studiare, ripensare e infine capire che il calcio... non è per tutti.
Prendete gli allenatori. Vengono giudicati per luoghi comuni, frasi celebri, statistiche fini a se stesse e sciocchezze varie. Mai per qualcosa di specifico. Tipo Tudor: forse su suggerimento della società, sbaglia valutazione sui centravanti. David e Openda? Neppure assieme valgono Vlahovic. E anche in panchina, durante la partita, sostituisce l’unico intraprendente, Conceicao, anziché incoraggiarlo a “puntare” ancora il giovanissimo Bartesaghi appena ammonito.
Però il commento su Tudor riguarda solo i risultati, che sono buoni tutti anche senza ChatGpt. Oppure la critica viene mossa per l’atteggiamento, perché “alla fine non ha provato a vincere”, con la più superficiale delle letture da stadio, assecondata dalla colonna sonora dei fischi dello Stadium. In verità la Juventus non “ha provato a vincere” perché ha rischiato seriamente di perdere.
E deve ringraziare lo sciagurato Leao se Allegri non è uscito dallo Stadium con lo stesso sorriso (riconoscente) con il quale era entrato. Unita ad applausi e striscioni, quella del ritorno dell’ex allenatore è stata la parentesi di gran lunga più emozionante della sfida, almeno fino al rigore scagliato in curva da Pulisic.
Più difficile sbagliare un rigore oppure due occasionissime come quelle capitate a Leao? Vietato rispondere. Il discorso è più ampio dei singoli episodi. Riguarda, appunto, le prestazioni. Per l’americano si tratta del primo errore (e rimprovero) stagionale. Per il portoghese, invece, dell’ennesimo rimprovero (e ultimo errore) pluriennale. I tifosi sono avvelenati con Leao. Ed ecco il podio delle accuse inveite dal popolo rossonero: 1) gioca poco e sbaglia troppo; 2) ride a vanvera; 3) passa il tempo sui social. E qui non si tratta solo di populismo.
Qui forse il popolo rossonero ha un po’ di ragione. Perché è indiscutibile il valore di Leao, la sua cifra tecnica e le sue potenzialità. Sarebbe un campione, in teoria. Ma se non lo è sul campo, si interroghi su cosa c’è che non va. L’importante è che non ascolti chi gli lancia alibi figli di dura incompetenza o pura malafede. Tipo: gioca fuori ruolo, non è un centravanti. Quelle due occasioni da gol le avrebbe sfruttate meglio dello svanito Rafa anche un centrocampista oppure un difensore. Anzi, perfino un portiere avrebbe calciato meglio.
E così, sistemati pregi (pochi) e difetti (di più) di Juventus e Milan, il campionato restituisce l’Inter di Chivu a un ruolo da protagonista, anzi forse da favorita malgrado il distacco in classifica. I nerazzurri sembrano ancora più forti degli altri. Questione di gioco e giocatori, ambiente e allenatore. E saranno guai per tutti se Lautaro tornerà a segnare una ventina di gol anche in campionato, come sempre accaduto tranne l’anno scorso.
La verifica si avrà fra un paio di settimane in Roma-Inter. Dopo anni, anzi forse decenni, c’è la Roma capolista e l’Inter dietro. L’allenatore giallorosso Gasperini e quello nerazzurro Chivu si erano trovati all’Inter nel 2011, quando il Gasp durò poco in panchina e Chivu ancora per poco in campo. Di quel Gasperini si diceva che non avesse esperienza per guidare una squadra di alto livello. Cioè quello che si dice ora di Chivu. Vedremo come andrà, a distanza di oltre un decennio...