10 Oct, 2025 - 12:22

Gaza, c'è da fidarsi di Trump e Netanyahu? Ecco perché per i palestinesi l'inferno non è finito

Gaza, c'è da fidarsi di Trump e Netanyahu? Ecco perché per i palestinesi l'inferno non è finito

Il cessate il fuoco dichiarato a Gaza il 9 ottobre 2025 ha regalato ai palestinesi – e al mondo intero – un momento di sollievo dopo 735 giorni di conflitto ininterrotto, bombardamenti e sofferenze umane.

Tuttavia, nonostante le celebrazioni per la fine delle ostilità, le ragioni per cui "l'inferno" per i palestinesi non è ancora finito sono profonde e legate tanto agli equilibri politici interni in Israele quanto alla posizione degli Stati Uniti, guidati da Donald Trump, nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu.​

Il cessate il fuoco: un sollievo fragile

Il nuovo accordo tra Israele e Hamas, fortemente voluto dal presidente americano Trump e ratificato ufficialmente anche dal governo Netanyahu, ha previsto il rilascio di prigionieri da entrambe le parti, il ritiro graduale delle forze israeliane fino alla cosiddetta "Linea Gialla" e la presenza di una task force internazionale per monitorare la tregua.

Oltre duemila prigionieri palestinesi dovrebbero essere liberati, e squadre umanitarie potranno finalmente accedere più facilmente alla Striscia di Gaza. La comunità internazionale, pur esprimendo soddisfazione, rimane cauta e consapevole che la pace definitiva è ancora lontana.​

Trump e Netanyahu: un asse granitico

Lo scenario politico che si trova a gestire il futuro della Palestina è segnato dall'indissolubile alleanza tra Netanyahu e Donald Trump. Trump ha celebrato pubblicamente il cessate il fuoco dichiarando di voler rispettare qualsiasi accordo venga raggiunto "fra le parti", senza pronunciarsi esplicitamente su una soluzione a due Stati.

Netanyahu, dal canto suo, ha ringraziato l'alleato americano per il "sostegno decisivo" e ha sottolineato come Israele mantenga il controllo effettivo di oltre metà della Striscia di Gaza anche dopo il ritiro parziale delle truppe.​

E va sottolineato, che Netanyahu non è il più radicale nel suo governo. C'è una destra ancora più estrema, che è scontenta di questo accordo e che predica esplicitamente lo sterminio del popolo palestinese.

E ricordiamo anche il famoso progetto "Trump Gaza", ovvero la volontà di trasformare la Striscia in una riviera del lusso, spostando i palestinesi non si sa bene dove. Forse sotto terra?

Perché la Palestina resta senza Stato

Nonostante le dichiarazioni pubbliche di apertura, la realtà mostra che le condizioni per una vera autodeterminazione palestinese sono ancora lontanissime. Israele, con Netanyahu al potere, prosegue una linea di fermezza sulla sicurezza e sulla sovranità dei propri confini, lasciando ben pochi margini al riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente.

Dopo anni di espansione degli insediamenti in Cisgiordania e di gestione militare della Striscia, la leadership israeliana non sembra avere alcuna intenzione di fare le concessioni necessarie, come il ritiro totale delle truppe o la rinuncia al controllo di parti cruciali del territorio.​

Nel frattempo, la posizione statunitense rimane ambigua: Trump, pur dicendosi pronto a sostenere "quello che decideranno le parti", di fatto appoggia in modo incondizionato le richieste israeliane e si rifiuta di mettere sul tavolo l'unico tema realmente spartiacque, cioè la creazione di uno Stato palestinese sovrano e riconosciuto internazionalmente.​

L'inferno palestinese: dall'assedio alle incertezze future

Per i palestinesi, ciò significa che le condizioni di vita nella Striscia di Gaza difficilmente miglioreranno sul lungo periodo: l'emergenza umanitaria è solo attenuata, non risolta. Il controllo militare israeliano su più della metà di Gaza prosegue e gli annunci sulla "deradicalizzazione" della regione rischiano di tradursi in una nuova forma di sorveglianza e dominazione.

Senza garanzie reali sugli aiuti, il libero movimento e soprattutto sui diritti politici fondamentali, il popolo palestinese resta prigioniero di uno status quo imposto dal potere militare ed economico israeliano, con il pieno supporto della Casa Bianca.​

 

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