11 Oct, 2025 - 15:28

Clamoroso Travaglio, rompe con il fronte Pro Pal: "Alcuni sono stati colpiti dalla sindrome di Rambo"

Clamoroso Travaglio, rompe con il fronte Pro Pal: "Alcuni sono stati colpiti dalla sindrome di Rambo"

Non si può vivere di sola Palestina: la sinistra se lo metta in testa.

A rimproverarla è addirittura Marco Travaglio, l'estensore quotidiano del vangelo dei grillini, gente che sa farsi valere nel Campo largo.

E insomma: se lo dice persino lui, nel centrosinistra, molti, più che difendere genuinamente la causa palestinese, davvero pensavano solo a coltivare il proprio orticello strumentalizzandola.

Travaglio contro i Pro Pal irriducibili: "Sono come Rambo"

Con il suo consueto sarcasmo, il direttore del Fatto Quotidiano non ha avuto remore questa mattina nel criticare i Pro Pal che anche dopo l'avvio del processo di pace imposto da Trump non ne vogliono sapere di cambiare registro.

In un passo del suo editoriale, li ha paragonati a Rambo, il mitico reduce del Vietnam immortalato al cinema da Sylvester Stallone per il quale la guerra non era mai finita:

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Se qualcuno pensava di trasformare la denuncia del genocidio in un mestiere fino alla pensione, dovrà trovarsene un altro. È la versione farsesca della sindrome di Rambo, tipica di ogni reducismo: torni dalla guerra, spesso combattuta nel salotto di casa, nessuno ti si fila. Si stava meglio quando si stava peggio, anche perché a stare peggio erano i palestinesi, che ora grazie a Trump non muoiono più e forse ricevono pure qualcosa da mangiare...

Travaglio non l'ha mandata certo a dire a un certo mondo pacifinto. Ed è andato fino in fondo con queste parole:

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Se il piano portasse la firma di Biden o della Harris o di qualche altro buono, quello sì sarebbe un fatto storico da Nobel. Come per Obama, Al Gore e persino l'Ue. Invece la pace l'ha firmata il puzzone cattivo. Quindi è finta, non dura, domani si torna a sparare. Così, buoni e cattivi tornano ciascuno nel posto assegnato. E gli orfani di guerra ritrovano una ragion d'essere...

Ora Travaglio profanerà anche la madonna pellegrina Francesca Albanese

Si può dire, quindi, che oggi Marco Travaglio ha rotto un tabù. Lui non ci sta a rappresentare un popolo che nel nome delle manifestazioni e degli scioperi no-stop per la pace in realtà si augura che la guerra non finisca mai. 

Ma ora il direttore del Fatto è atteso a un altro step: sarà conseguenziale anche prendendo le distanze da Francesca Albanese, la relatrice Onu verso la quale più passano i giorni e più aumenta il dissenso?

Lo si verificherà nei prossimi giorni.

Intanto, le ultime cartucce le ha sparate a raffica:

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Molti Pro Pal hanno accolto la notizia che riempie di gioia Gaza e Israele con un misto di fastidio e orgoglio. I talk sembrano veglie funebri: luci semispente, ospiti in gramaglie, volti luttuosi, pessimismo obbligatorio. Mancano solo le bandiere a mezz'asta e il De Profundis. Chi vaticinava che Trump avrebbe riempito il mondo di guerre non può ammettere che ne ha fermata almeno una. E se qualcuno pensava di trasformare la denuncia del genocidio in un mestiere fino alla pensione, dovrà trovarsene un altro

Non è tempo di reduci alla Rambo, quindi. Marco Travaglio ha già vestito i panni dello sceriffo Will Teasle, ed è pronto a dar loro la caccia. Ma forse, in cuor suo, spera che tra di loro, nelle giungle metropolitane, non trovi anche una Francesca Albanese: col carattere che ha, come nel film, potrebbe intimargli di lasciarla stare.

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