12 Oct, 2025 - 09:23

Zelensky Nobel per la pace (armata): chiede missili a lungo raggio per fermare la guerra con la Russia

Zelensky Nobel per la pace (armata): chiede missili a lungo raggio per fermare la guerra con la Russia

C’è un curioso modo di intendere la parola “pace” nei corridoi del potere di Kiev. O, meglio, un modo tutto personale marchiato Volodymyr Zelensky.

Il presidente ucraino, divenuto celebrità globale e protagonista di una delle guerre più mediatiche della storia, ha avuto un’altra delle sue idee “geniali”: chiedere a Donald Trump, ormai tornato protagonista della scena politica americana, la fornitura di missili a lungo raggio Tomahawk per “fermare la guerra con la Russia”.

Un paradosso da manuale: per fermare la guerra, serve più guerra.

Sembra quasi una parodia, ma invece è cronaca. Dopo tre anni di un conflitto che ha devastato città, economie e intere generazioni, il leader ucraino continua a insistere sulla linea delle armi invece che su quella, molto meno spettacolare, della diplomazia.

Forse le telecamere si accendono meno quando si firmano trattati di pace rispetto a quando si mostrano nuovi missili fiammanti davanti al mondo intero.

Il ritorno del “salvatore” Trump

Zelensky ha inviato un messaggio più o meno esplicito all’ex presidente americano, reduce dalle ovazioni per aver patrocinato l'accordo tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco a Gaza.

Ma evidentemente, per Kiev la ricetta è molto diversa: la “trattativa” passa dal potenziamento dell’artiglieria.

Secondo fonti vicine al governo ucraino, il presidente avrebbe chiesto a Washington nuovi sistemi missilistici a lungo raggio, in grado di colpire profondamente nel territorio russo.

L’obiettivo dichiarato? “Costringere Mosca alla pace”. L’obiettivo reale? Probabilmente, continuare a insistere su una strategia militare che ormai non convince più nemmeno molti alleati europei.

Trump, dal canto suo, ha risposto con la solita ambiguità. Da un lato si è detto disposto ad “aiutare l’Ucraina a difendersi”, dall’altro ha ricordato di voler “ridurre i costi americani”. Tradotto: armi sì, ma a caro prezzo e solo se funzionali alla propria immagine di negoziatore.

Una guerra infinita e sempre meno “eroica”

Dopo oltre 36 mesi di combattimenti, la guerra tra Russia e Ucraina ha perso qualsiasi retorica eroica. Non si parla più di difesa della democrazia o di libertà europee, ma solo di numeri: di vittime, di costi, di missili e di territori distrutti.

E mentre l’Europa si divide tra chi chiede nuove sanzioni e chi sogna negoziati, Zelensky continua a recitare il ruolo dell’irriducibile, prontissimo a chiedere “ancora un ultimo sforzo” ai suoi alleati. Ultimo, si fa per dire: ne sono arrivati decine, e la fine continua a non vedersi.

L’Ucraina è ormai in ginocchio economicamente, milioni di cittadini sono emigrati e intere regioni restano zone fantasma.

Ma il presidente, da vero protagonista del teatro politico internazionale, preferisce chiedere altri missili invece di sedersi – magari, anche solo per un giorno – a un tavolo diplomatico con il “nemico”.

Il trionfo del sarcasmo geopolitico

È quasi ironico come la storia si ripeta. Ogni volta che si apre uno spiraglio di tregua, qualcuno trova il modo di chiuderlo a colpi di armi “difensive”.

Le stesse armi che, secondo la logica del linguaggio politico, dovrebbero “garantire la pace attraverso la forza”. Una dottrina che dopo tre anni di bombe sembra non aver portato né pace, né forza.

“Il genio Zelensky”, come ormai viene chiamato con sarcasmo anche in alcuni ambienti occidentali stanchi di questa guerra infinita, pare convinto che un missile a lungo raggio possa fare ciò che tre anni di diplomazia fallita non hanno saputo realizzare.

Peccato che, a ogni nuova escalation, Mosca risponda allo stesso modo, e la spirale di violenza torni più intensa di prima.

Diplomazia, la grande assente

Forse servirebbe meno show e più silenzio. Meno richieste di armamenti e più tempo per ragionare.

Ma Zelensky, che ha scoperto il potere mediatico del dramma, preferisce le telecamere a una sala trattative.

E così, mentre in patria aumentano la povertà e la fatica, il presidente continua il suo tour internazionale da comandante e celebrità, invocando “più aiuti, più armi, più sostegno”.

Parlare di pace, in un contesto simile, sembra quasi un’eresia. Eppure, dopo quasi tre anni di distruzione, la vera mossa da “genio” sarebbe una soltanto: spegnere i motori dei missili, e accendere quelli del dialogo.

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