È ufficiale: a Trump rimane da convincere solo Francesca Albanese e Maurizio Landini. Tutti gli altri li ha messi tutti in riga. Compreso Marco Travaglio che questa mattina si è unito al coro delle laudationes.
ha scritto il direttore del Fatto Quotidiano.
Anche se la sua è una "pace sporca", sempre meglio della guerra che sterminava i palestinesi ogni santo giorno e, non più indietro di una settimana fa, metteva in pericolo i flotilleros.
Certo, una certa simpatia del mondo pentastellato per Donald Trump, che nel corso del suo primo mandato aveva chiamato "Giuseppi" il leader del Movimento Giuseppe Conte (allora premier), non è stata mai nascosta.
Ma mai come oggi c'è stato un vero e proprio endorsement per il capo della Casa Bianca. Per di più, a firma del suo vate, Marco (o a questo punto Marchi?) Travaglio, secondo il quale, nel nome della realpolitick, non si poteva fare di meglio di quanto visto ieri a Sharm el-Sheikh:
E insomma: viene in mente quella vecchia canzone di Lucio Dalla e degli Stadio, "Grande figlio di puttana":
Ma non solo. Se si pensa al cappello di Melania e all'imprevedibilità ormai leggendaria di Trump sul tavolo delle trattative, c'è anche questa strofa che dà il senso dell'editoriale che gli dedica oggi Travaglio:
E insomma: uno, dieci, cento, mille Trump per Marco Travaglio. Ve l'aspettavate? Il direttore del Fatto si professa "pragmatico" e quindi "i fini giustificano i mezzi", a voler scomodare Machiavelli.
Questa legge, per Travaglio, vale per tutti. E Trump ha fatto bene a farla rispettare a Netanyahu così come farà bene a farla rispettare a Zelensky:
La speranza di Travaglio è che la legge della pace possibile che Trump fa rispettare valga anche a calmare il fronte orientale dell'Europa:
ha messo a verbale Travaglio, a sorpresa il nome nuovo del mondo Maga.