Inutile che si facciano indagini, che si risalga a chi materialmente ha attentato alle vite di Sigfrido Ranucci e della figlia, inutile - nel caso - risalire ai mandanti: dopo Roberto Saviano, anche Marco Travaglio ha già la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità in tasca.
Come l'autore di "Gomorra", anche il direttore del Fatto Quotidiano, crede che i bombaroli siano da ricercare all'interno della nostra classe politica.
Anzi, senza perdere tempo: all'interno del centrodestra al governo con Giorgia Meloni.
I mandanti sono loro, i meloniani (oltre che una certa parte del centrosinistra, che non comprende il M5S e la sinistra dura e pura, naturalmente) in quanto rei di aver detto che spesso e volentieri le inchieste di Report sono politicamente orientate o che si risolvono in un buco nell'acqua.
E quindi, i mandanti morali dell'attentato a Sigfrido Ranucci sono loro: i politici sporchi, brutti e cattivi.
Evidentemente, per Travaglio, il conduttore di "Report" ha il dono dell'infallibilità ma loro hanno osato "deligittimarlo". Quindi, è inutile che ora piangano lacrime di coccodrillo: i bombaroli sono loro.
Dopo le stilettate di Roberto Saviano nel salotto di Lilli Gruber, oggi è stato il direttore del Fatto a metterlo nero su bianco.
E già: lui se lo può permettere. Perché lui, come Sigfrido, naturalmente, è uno dei pochi giornalisti italiani che dà fastidio, che dice la verità. Gli altri sono tutti pennivendoli:
Sono tutti quelli che hanno avuto la patente di giornalista da Marco Travaglio, evidentemente.
A parte il ristrettissimo gruppo di giornalisti che a detta di Travaglio si salvano, quindi, tutti gli altri è meglio che stiano zitti. Perché non sono credibili, a detta del direttore del Fatto:
ha scritto Travaglio, sebbene Ranucci sia già da anni scortato e lui stesso abbia specificato di sentire vicino lo Stato.
Ma perché secondo il direttore del Fatto attorno a Ranucci c'è terra bruciata?
E insomma: alla violenza (inaccettabile) contro Ranucci, per Travaglio si risponde così: mettendo alla berlina chi ha osato contraddire Ranucci.
Travaglio, allora, si è scagliato anche contro i grandi gruppi economici e finanziari che "appena Report li sfiora, corrono in tribunale", come se non fosse un diritto di tutti difendersi nelle sedi deputate se si crede di essere stati diffamati.
Ma il direttore del Fatto, però, ha colto anche l'occasione di correre in soccorso di Maurizio Crozza: nei giorni scorsi, il critico televisivo Aldo Grasso ha avuto l'ardire di criticarlo sulle pagine del CorSera:
Ma meno male che ora il direttore del Fatto darà anche le patenti di comicità a quei due o tre che secondo lui in Italia lo meritano ancora.