C’è chi lascia il segno con una voce. E chi, come Anthony Jackson, lo fa con sei corde e un groove che sembra parlare direttamente all’anima. Se hai mai mosso la testa su una linea di basso che ti faceva vibrare lo stomaco, c’è una buona possibilità che dietro ci fosse lui. Musicista dei musicisti, genio silenzioso del suono profondo, Jackson se n’è andato a 73 anni, lasciando un silenzio pieno di rispetto e nostalgia.
La notizia è arrivata domenica 19 ottobre, confermata da Fodera Guitars, la casa che costruì per lui il celebre contrabbasso a sei corde. Nessun comunicato ufficiale, nessun dettaglio preciso sulla causa della morte. Solo un messaggio che ha stretto il cuore di chi conosce la storia della musica moderna:
Da quel momento, un’onda di messaggi, ricordi e lacrime ha riempito i social. Perché Anthony Jackson non era solo un bassista: era un linguaggio vivente. E anche se non amava stare sotto i riflettori, la sua assenza oggi fa rumore.
Su Anthony Jackson circolano mille storie, ma una certezza ancora no: le cause della morte non sono state rese pubbliche. La famiglia e i collaboratori più vicini hanno scelto la via del silenzio, rispettando quella discrezione che ha sempre contraddistinto il musicista.
Negli ultimi anni, però, il suo nome era comparso più volte in contesti legati alla salute. Secondo diverse fonti nella comunità musicale americana, Jackson avrebbe lottato a lungo con problemi neurologici e conseguenze di un ictus, che lo avevano tenuto lontano dai palchi dopo il 2017.
Un concerto benefico, annunciato nel 2024 a New York, era stato organizzato proprio "for the love of Anthony Jackson", per sostenere le sue cure e onorare la sua carriera. Un dettaglio che racconta più di mille comunicati: il mondo del basso sapeva che stava combattendo.
Nonostante tutto, non si è mai parlato apertamente di malattia terminale o condizioni specifiche. Nessuna conferma, nessuna smentita. Solo un grande silenzio, rispettoso come quello che scende dopo una nota lunga e perfetta.
In mancanza di informazioni ufficiali, si può dire che Anthony Jackson è morto probabilmente per cause naturali, dopo un lungo periodo di fragilità fisica. Ma se c’è qualcosa che resta scolpito, è che ha vissuto fino all’ultimo circondato dalla musica e dall’affetto di chi lo considerava un gigante gentile.
Pochi conoscevano davvero l’uomo dietro il basso. Nonostante fosse uno dei musicisti più registrati della storia - più di 3mila session, oltre 500 album - Anthony Jackson ha sempre difeso con forza la sua sfera privata.
Nato a New York City il 23 giugno 1952, aveva origini afroamericane e una sensibilità musicale precoce: inizia con il pianoforte, poi si innamora della chitarra e infine del basso elettrico, il suo vero destino. Era un perfezionista, ma anche un romantico del suono. Chi lo ha frequentato racconta di un uomo colto, curioso, con un senso quasi spirituale della musica.
Jackson era sposato con Ellen Jackson, donna lontana dalle luci dello show business, e aveva due figli, Anthony Jr. e Meghan. Viveva tra New York e la costa orientale, in spazi raccolti, dedicandosi completamente al suo strumento. Nessuna villa da star, nessuna ostentazione: la sua ricchezza era fatta di dischi, strumenti, spartiti e silenzi da riempire di musica.
Negli ultimi anni, a causa della salute, si era allontanato dalle scene. A prendersi cura di lui è stata una ristretta cerchia di amici e colleghi, tra cui la produttrice Danette Albetta, che lo ha accompagnato con affetto e discrezione.
Il suo carattere riservato non lo ha mai reso una figura da gossip, ma un artista da venerare in silenzio. Non aveva bisogno di parole: bastava una sola nota, e il mondo si fermava.
Anthony Jackson è il tipo di musicista che cambia le regole senza mai alzare la voce. Nel 1974, stanco dei limiti del basso tradizionale, inventa il contrabbasso a sei corde - uno strumento accordato BEADGC che ridefinisce completamente il ruolo del basso nella musica moderna. Da lì in poi, niente è più stato come prima.
Ha suonato con Billy Paul, con gli O’Jays, con Chaka Khan, Luther Vandross, Paul Simon, Patti Austin, Vanessa Williams, Joe Jackson, e soprattutto con Roberta Flack, con cui ha registrato cinque album. Con Madonna, ha collaborato all’album d’esordio del 1983, contribuendo al sound che avrebbe reso immortale la "Material Girl". E con Diana Ross, nel 1979, ha donato intensità e profondità al disco "The Boss".
Ma forse il legame più intenso resta quello con Al Di Meola, chitarrista che lo considerava "un fratello di musica". In un post emozionante, Di Meola ha scritto:
Anche Fodera Guitars ha pubblicato un tributo sentito:
E poi i fan: migliaia di messaggi da ogni parte del mondo. "Il vero creatore del contrabbasso a sei corde", "Un maestro, un poeta delle basse frequenze", "Grazie per averci insegnato che il basso può parlare".
Anthony Jackson se n’è andato, sì, ma la sua musica resta ovunque: in ogni linea di basso elegante, in ogni brano che vibra nelle ossa, in ogni giovane musicista che prende in mano uno strumento e sogna di farlo parlare come faceva lui.