Nelle prime ore di martedì 14 ottobre, un’operazione di sgombero e perquisizione in un casolare di Castel d’Azzano, in provincia di Verona, si è trasformata in una tragedia senza precedenti: tre carabinieri hanno perso la vita e diversi altri sono rimasti feriti.
L’abitazione era occupata da anni dalla famiglia Ramponi — i fratelli Dino, Franco e Maria Luisa — che contestava lo sfratto disposto dalle autorità e si era sempre opposta con decisione all’intervento delle forze dell’ordine. Al momento dell’ingresso delle pattuglie, è avvenuto l’imprevisto che nessuno avrebbe potuto immaginare: un boato assordante seguito da un’esplosione devastante. Secondo gli investigatori, l’intero edificio era stato intenzionalmente saturato di bombole di gas e dotato di ordigni incendiari dai fratelli Ramponi, nel tentativo di bloccare l’azione delle forze dell’ordine.
Le vittime di questa tragedia sono il maresciallo Valerio Daprà, l’appuntato scelto Davide Bernardello e il sottotenente Marco Piffari, rimasti intrappolati tra le macerie subito dopo l’esplosione.
La notizia della tragedia ha scosso profondamente tutto il Paese. Le istituzioni hanno proclamato il lutto nazionale e centinaia di persone hanno partecipato ai funerali di Stato, celebrati nella Basilica di Santa Giustina a Padova, con la presenza del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, del Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana, del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, del Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano, del comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, generale di corpo d’armata Salvatore Luongo, e di numerose autorità civili, militari e religiose.
Tra corone di fiori e lacrime, la città ha reso omaggio ai tre carabinieri caduti, simboli del sacrificio e del dovere. Questo drammatico evento solleva domande inquietanti: quali condizioni sociali possono portare a simili esplosioni di violenza? Quanto sono sicuri gli interventi delle forze dell’ordine e quali strumenti preventivi sarebbero necessari per proteggere sia chi interviene sia chi vive in situazioni di fragilità? Hanno scelto di servire e proteggere e per questo hanno pagato il prezzo più alto.
Valerio, Davide e Marco meritavano rispetto e sicurezza, non una morte così ingiusta: il loro sacrificio resterà scolpito nella memoria del Paese. Nel frattempo, la giustizia procede: ai tre fratelli Ramponi sono contestati i reati di strage, resistenza a pubblico ufficiale e detenzione di esplosivi. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Verona, è ancora aperta e mira a chiarire nel dettaglio dinamica, motivazioni e responsabilità di quanto accaduto.
A cura di Virginia Mattei