Nel contesto mondiale di -#MeToo, pochi film hanno suscitato un dibattito tanto acceso quanto "After the Hunt", l'ultima, raffinata provocazione del regista Luca Guadagnino.
Con una sceneggiatura tagliente di Nora Garrett, il film esamina le dinamiche di potere nel mondo accademico, utilizzando un presunto caso di cattiva condotta sessuale come catalizzatore per un'indagine ben più profonda e scomoda.
Sebbene la trama ruoti attorno a un'accusa esplosiva, il film si rivela essere meno un dramma processuale e più un complesso studio del personaggio di Alma (una magistrale Julia Roberts), una donna la cui reazione allo scandalo è plasmata da un trauma irrisolto che riemerge dal suo passato.
La narrazione prende il via da un evento apparentemente inequivocabile: dopo una festa, la brillante dottoranda Maggie (Ayo Edebiri) accusa il suo carismatico professore, Hank (Andrew Garfield), di aver oltrepassato un limite nel suo appartamento.
Da questo momento, lo spettatore si aspetterebbe un'indagine sui fatti, una ricerca della verità oggettiva. Guadagnino, invece, frustra deliberatamente questa aspettativa.
Il film si conclude senza mai mostrare, attraverso flashback o confessioni, cosa sia realmente accaduto quella notte.
Tuttavia, una scena cruciale fornisce un indizio decisivo, se non una prova definitiva. Verso la fine, Alma si rifugia nel suo secondo appartamento sul molo e vi trova un Hank ubriaco e disperato. In un delirio autocommiserante, l'uomo urla di come la sua vita sia stata rovinata da Maggie.
Quando Alma lo affronta, ricordandogli che ha infranto le regole, Hank replica con rabbia: "L'unica persona con cui ho infranto le regole per scopare sei tu", confermando una loro passata relazione.
Subito dopo, la mette alle strette e inizia a baciarla. Alma gli dice di smettere, ma lui insiste, costringendola a spingerlo via fisicamente e con forza.
In questo momento, il comportamento di Hank, la sua incapacità di rispettare un "no", la sua violazione del consenso, rispecchia perfettamente le accuse di Maggie. Non è una prova legale, ma è un potente indizio psicologico che orienta l'empatia e la credibilità dello spettatore.
Nonostante l'incidente scatenante, "After the Hunt" è, in essenza, il film di Alma. Le sue scelte, le sue reazioni e, soprattutto, le sue omissioni guidano l'intera narrazione.
Invece di sostenere Maggie, Alma la scoraggia ripetutamente dal parlare, spingendola al silenzio. Questa posizione la mette in rotta di collisione non solo con la sua studentessa, ma con l'intera comunità accademica, mettendo a rischio la sua carriera e il suo matrimonio.
La straordinaria e sfumata interpretazione di Julia Roberts, cinica e insensibile, cattura perfettamente il disfacimento di una donna che cerca disperatamente di mantenere il controllo mentre il suo mondo va in pezzi. Proprio da questo derivano i suoi terribili dolori fisici, causati da una serie di ulcere perforate.
La chiave di volta per comprendere il suo comportamento arriva in un momento di estrema vulnerabilità. Dopo un crollo fisico e psicologico, Alma confessa al marito un segreto sepolto nel suo passato.
A quindici anni, in Svezia, ebbe una relazione con un amico di famiglia adulto. Quando la storia finì, lei lo accusò di abusi, portandolo al suicidio. "Ho inventato una storia che sapevo gli avrebbe fatto più male", ammette.
Sebbene lei si percepisca come la carnefice, tormentata dal senso di colpa, lo spettatore, così come suo marito, vede la verità in modo inequivocabile:
Alma era una bambina, una vittima di abusi. In questo momento, il film rivela il suo vero tema: non tanto la colpa o l'innocenza in un singolo evento, ma come il trauma non elaborato si inasprisca nel tempo, infettando le scelte e le percezioni di una vita intera.
La scena finale, ambientata cinque anni dopo, è tanto pacata quanto devastante nella sua conclusione.
Alma e Maggie si incontrano in un ristorante. Lo scambio è educato ma freddo. Maggie rivela di aver "rinunciato all'idea di una vendetta molto tempo fa", confermando che Hank non ha mai affrontato conseguenze legali, se non la perdita del lavoro a Yale.
La conversazione è un piccolo capolavoro di sottigliezze. Scopriamo che Hank non solo non è stato "rovinato", ma lavora come spin doctor per un politico, guadagnando probabilmente più di prima.
E Alma? Dopo essere stata sospesa e aver visto sfumare la sua cattedra, ora è la preside di Yale. È risorta dalle sue ceneri, più potente di prima.
Maggie sembra aver trovato un suo equilibrio, ma non otterrà mai la giustizia che cercava.
Questo finale è l'accusa più feroce e disillusa del film. Nonostante le battaglie individuali per la verità, le accuse e i crolli emotivi, la macchina che protegge i potenti continua a funzionare imperterrita.
Hank e Alma, pur avendo commesso degli errori, sono stati riassorbiti e persino premiati dal sistema. Maggie, la vittima, è stata lasciata a elaborare il suo trauma da sola, costretta ad abbandonare ogni speranza di rivalsa.
"After the Hunt" si chiude così con un'amara constatazione: le persone possono scontrarsi, soffrire e lottare, ma alla fine, i sistemi di potere raramente vengono scalfiti, e per chi subisce un torto, spesso non c'è altra scelta che andare avanti.