Conti decisamente in regola per i dipendenti pubblici: la Manovra 2026 apre un nuovo capitolo dedicato alla liquidazione. Nell’attesa di capire se e come saranno ridotti i tempi di pagamento del TFS (Trattamento di Fine Servizio), la bozza della Legge di Bilancio introduce un cambiamento importante, fissando un limite temporale massimo di tre mesi dal momento del pensionamento. Una misura che, come riportato da PA Magazine e precisato il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), punta a snellire i tempi dei pagamenti per gli statali, dopo anni di attese che in alcuni casi superavano i due anni.
Il futuro del Paese passa dai lavoratori. Non è una frase fatta, ma una constatazione che trova conferma nella storia e nei numeri.
Oggi, in un contesto segnato da nuove regole sui pensionamenti, vincoli di bilancio e una crescente attenzione alla gestione della spesa pubblica, la questione dei pagamenti post-lavoro diventa centrale.
Attualmente, per i dipendenti pubblici, il pagamento del TFS avviene dopo 12 o 24 mesi, a seconda della causa di cessazione dal servizio.
La Manovra 2026, attualmente all’esame del Parlamento, propone una procedura accelerata che ridurrebbe i tempi a 90 giorni dalla data di maturazione del diritto, introducendo un cambiamento significativo nel sistema di liquidazione.
Come riportato da Il Sole 24 Ore, la novità è contenuta nel capitolo dedicato al pubblico impiego e sarebbe finanziata con risorse del MEF e dell’INPS, che curerebbe la parte operativa delle liquidazioni.
Secondo i tecnici di Via XX Settembre, la priorità resta armonizzare i tempi di pagamento tra settore pubblico e privato, eliminando una storica disparità che penalizza centinaia di migliaia di lavoratori.
Il nuovo sistema verrebbe supportato da una piattaforma digitale unica, collegata alla banca dati dell’INPS, per verificare in tempo reale la posizione contributiva e attivare il pagamento senza ritardi burocratici.
Se approvata, la riforma potrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2026. Le amministrazioni pubbliche dovranno trasmettere in via telematica all’INPS tutte le pratiche relative alla cessazione del servizio entro 30 giorni dal pensionamento del dipendente.
L’Istituto, a sua volta, avrebbe 60 giorni per completare i controlli e procedere al pagamento diretto del TFS sul conto del lavoratore.
Il nuovo meccanismo punta a garantire stabilità e regolarità nei pagamenti, pur confermando i tetti massimi per le liquidazioni e la possibilità di rateizzare l’importo oltre una certa soglia.
Come spiegato dal MEF in una nota del 18 ottobre 2025, la misura mira a “restituire ai dipendenti pubblici un diritto maturato, in tempi ragionevoli e uniformi su tutto il territorio nazionale”.
Per il 2026, il Governo ha previsto una dote finanziaria di circa 2 miliardi di euro per sostenere il nuovo sistema. Il meccanismo verrebbe attuato attraverso un fondo dedicato istituito presso il Ministero dell’Economia, finanziato tramite la razionalizzazione della spesa pubblica, in particolare su interessi e residui attivi. Non sono previste nuove tasse o contributi aggiuntivi per coprire la misura.
Come sottolinea Sky TG24, la riforma si inserisce in un pacchetto più ampio dedicato al pubblico impiego e al ceto medio, insieme al rinnovo dei contratti e al potenziamento della digitalizzazione amministrativa.
In una prima fase, la misura riguarderebbe i dipendenti pubblici che maturano il diritto al TFS dal 2026, ma non è escluso che possa estendersi, in via transitoria, anche a chi ha cessato il servizio nel corso del 2025.
Un’attenzione particolare sarà riservata ai lavoratori della sanità, della scuola e delle forze dell’ordine, le categorie che negli ultimi anni hanno registrato i maggiori ritardi nei pagamenti.
L’obiettivo, come ribadito nel comunicato del Consiglio dei Ministri n.146, è “rafforzare il legame di fiducia tra Stato e lavoratori pubblici”, restituendo dignità a un momento che segna la fine della carriera e l’inizio di una nuova fase di vita.
Al di là della necessità di garantire tempi certi nei pagamenti, restano diverse incognite. Come spiegano le organizzazioni sindacali, tra cui FP-Cgil e Uilpa, a fronte di un pagamento previsto in tre mesi, servono garanzie concrete sulla capienza del fondo e sull’effettiva attuazione della misura.
Le parti sociali temono che la strategia di riformare il sistema possa, almeno nella fase iniziale, rallentarne ulteriormente l’efficacia e creare nuovi arretrati se le risorse non saranno sufficienti.
D’altra parte, anche l’INPS, come riporta ItaliaOggi, dovrà potenziare gli uffici territoriali per gestire un flusso di pratiche stimato in oltre 250 mila richieste l’anno.
Il successo della riforma dipenderà quindi non solo dalle risorse, ma dalla capacità di coordinamento tra enti locali, ministeri e istituti previdenziali.
Quando scatterà la liquidazione in tre mesi?
Dal 1° gennaio 2026, con l’entrata in vigore della Legge di Bilancio 2026.
Chi avrà diritto al pagamento entro 90 giorni?
Tutti i dipendenti pubblici che andranno in pensione dal 2026 in poi.
È previsto un anticipo per chi ha già maturato il TFS?
Sì, ma con priorità alle nuove cessazioni; gli arretrati del 2025 potranno rientrare in una fase transitoria.
Ci saranno nuove tasse per coprire la misura?
No, la copertura arriva da fondi interni e dalla razionalizzazione della spesa pubblica