Come si cambia per non morire, dice la canzone. Una volta, il Movimento Cinque Stelle era la forza politica che considerava uno scandalo il contributo pubblico ai giornali e i giornalisti "sterco", "puttane", "cani da riporto": l'elenco è lungo.
Ora, invece, con il suo nuovo padre-padrone, Giuseppe Conte, organizza manifestazioni a favore di Sigfrido Ranucci (del resto, sempre politicamente vicino al mondo pentastellato) e con il suo cantore, Marco Travaglio, rilancia una legge contro le querele temerarie che vorrebbe fosse denominata proprio legge Ranucci.
E insomma, sembra ieri che Beppe Grillo, tra il giubilo del popolo e degli attivisti a 5 Stelle, si metteva a inseguire i cronisti prendendoli a calci in culo; oppure quando stilava le liste di proscrizione contro quelli che considerava nemici; o quando Alessandro Di Battista (che poi sarebbe diventato inviato speciale del Fatto Quotidiano) li chiamava "puttane"; o quando Vito Crimi voleva abolire l'ordine professionale (e chiudere Radio Radicale, tanto che Massimo Bordin prese a chiamarlo "il gerarca minore"); o quando, era il 2017, Grillo si mise a distribuire banconote false ai cronisti che lo attorniavano per intervistarlo dicendo:
Sembra ieri quando, a una domanda sgradita, sempre l'Elevato confidò:
O quando Luigi Di Maio definì i cronisti:
All'inizio, il Movimento Cinque Stelle puro e duro schifava così tanto i giornalisti e il sistema mediatico italiano che nessun suo rappresentante si azzardava ad andare ospite di qualche talk.
Nel caso, diceva tutto Grillo mentre, sul suo blog, comminava il "Premio stercorario" al "Giornalista dell'anno". Nel 2014, il podio lo fece occupare da Giuliano Ferrara, Pier Luigi Battista e Corrado Augias.
Salvo poi arrivare l'era Conte. Battezzata da Rocco Casalino che aveva la sua bella chat su WhatsApp dei giornalisti amici. Gli altri erano tenuti fuori dal giro.
E comunque: questo è stato il Movimento Cinque Stelle.
Tant'è che, un bel giorno, la Federazione nazionale stampa italiana e l'Ordine dei giornalisti organizzarono un flash mob a Roma, proprio in quella stessa piazza Santi Apostoli che ieri, invece, lo stesso Movimento ha occupato per difendere la libertà di stampa. O la sola libertà del suo amico Ranucci? Eh, questa è una bella domanda. Ma sorge spontanea, come diceva l'indimenticabile Antono Lubrano.
Che il conduttore di Report sia un amico fidato del Movimento, non ci piove: oltre alla manifestazione di Santi Apostoli che gli ha dedicato ieri, a prova di questo fatto si può citare anche l'editoriale di oggi di Marco Travaglio.
Il direttore del Fatto Quotidiano, per la stampa libera, invita a votare una legge che porti il nome del conduttore di Report:
Per Travaglio, il senso dell'auspicata legge Ranucci è presto detto:
E quindi: il tempo passa e tutto cambia. Questa è oggi la nuova posizione del Movimento Cinque Stelle. E chissà che non arrivi ad aggiungere anche un altro articolo alla legge Ranucci: vietato offendere chi lavora. Anche se non è dalla nostra parte.