23 Oct, 2025 - 11:16

OpenAI vieta i deepfake delle celebrità su Sora, dopo la denuncia di alcuni attori

OpenAI vieta i deepfake delle celebrità su Sora, dopo la denuncia di alcuni attori

La rivoluzione dell'intelligenza artificiale generativa ha incontrato un ostacolo tanto prevedibile quanto cruciale: la tutela dell'identità individuale.

OpenAI, una delle aziende leader del settore, si è trovata costretta a un'importante e rapida correzione di rotta per la sua nuova e potente applicazione video, Sora.

In seguito a una crescente ondata di preoccupazioni, culminata con la protesta formale dell'attore Bryan Cranston, la società ha annunciato il divieto di creare deepfake di celebrità senza un esplicito consenso.

Una decisione che non è solo una modifica tecnica, ma un precedente significativo nel dibattito etico che circonda il futuro dei contenuti digitali.

Quando è scoppiata la controversa riguardante Sora

La controversia è esplosa poco dopo il lancio su invito di Sora, avvenuto il 30 settembre. L'applicazione, basata sul modello Sora 2, ha impressionato il mondo per la sua capacità di generare video di alta qualità da semplici input testuali.

Tuttavia, una delle sue funzioni più innovative, denominata "Cameo", si è rivelata anche la più problematica. Concepita per permettere agli utenti di inserire un proprio avatar AI nei video, è diventata rapidamente uno strumento per replicare in modo inquietantemente realistico i volti e le voci di personaggi famosi, aprendo la porta a un uso improprio e non autorizzato.

A dare voce al malcontento di un'intera industria è stato Bryan Cranston. L'acclamato protagonista di Breaking Bad ha scoperto che la sua immagine e la sua voce venivano utilizzate per creare video senza alcuna autorizzazione, un'esperienza che ha definito "profondamente preoccupante".

La sua reazione non è stata quella di un singolo individuo, ma di un portavoce per l'intera comunità artistica. Cranston ha immediatamente portato la questione all'attenzione di SAG-AFTRA, il potente sindacato che rappresenta oltre 170.000 professionisti dei media, trasformando una lamentela personale in una vertenza collettiva.

"Ero profondamente preoccupato non solo per me stesso, ma per tutti gli artisti il cui lavoro e la cui identità possono essere utilizzati in modo improprio in questo modo", ha dichiarato Cranston in un comunicato.

La sua presa di posizione, unita alla pressione di SAG-AFTRA e di altre tre influenti agenzie di talenti (United Talent Agency, Creative Artists Agency e Association of Talent Agents), ha creato un fronte compatto che OpenAI non ha potuto ignorare.

La reazione di OpenAI

L'azienda ha risposto prontamente, riconoscendo la gravità della situazione. In una nota ufficiale, OpenAI ha espresso rammarico per le "generazioni involontarie" prodotte dal suo strumento, sottolineando di avere già in atto una politica di "opt-in" che richiederebbe il permesso esplicito di una persona vivente per replicarne le sembianze.

Tuttavia, i fatti hanno dimostrato che le misure di sicurezza esistenti non erano sufficienti. Di conseguenza, la società si è impegnata a rafforzare i protocolli per impedire la clonazione non autorizzata di voce e immagine, di fatto bandendo i deepfake di celebrità non consenzienti.

La questione, però, non si limita alle celebrità viventi. La protesta si è estesa anche agli eredi di icone scomparse. Le famiglie di leggende come Robin Williams e George Carlin si sono unite al coro di lamentele, sollevando un interrogativo etico ancora più complesso: chi ha il diritto di controllare l'immagine di un artista dopo la sua morte?

Questo problema era già emerso in modo plateale quando Sora era stata utilizzata per creare video offensivi e razzisti utilizzando l'immagine di Martin Luther King Jr., costringendo OpenAI a un primo intervento di blocco.

Ora, l'azienda offre anche ai rappresentanti legali di figure storiche la possibilità di richiedere la rimozione della loro immagine dai contenuti generabili.

Questa vicenda rappresenta una svolta nella regolamentazione dell'IA generativa. Non si tratta più di una discussione astratta sul futuro, ma di una risposta concreta a un danno reale e presente.

La decisione di OpenAI stabilisce un precedente fondamentale: la libertà creativa offerta da questi potenti strumenti non può e non deve prevalere sul diritto fondamentale di ogni individuo a controllare la propria identità.

Per Hollywood e per l'industria creativa nel suo complesso, è una vittoria importante nella battaglia per garantire che l'innovazione tecnologica proceda di pari passo con la responsabilità etica e il rispetto per il lavoro e l'identità degli artisti. La strada è ancora lunga, ma un primo, invalicabile confine è stato tracciato. Finalmente.

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