24 Oct, 2025 - 11:03

Si indignano per Rita De Crescenzo a "Belve", ma poi fanno a gara per seguirla: chi è il vero problema?

Si indignano per Rita De Crescenzo a "Belve", ma poi fanno a gara per seguirla: chi è il vero problema?

Rita De Crescenzo è stata invitata a "Belve", scatenando polemiche sull'opportunità che la tv di Stato dia spazio ad un personaggio del genere. Ma gli indignados dimenticano che questa bizzarra signora napoletana, dal passato controverso, è seguita da oltre 2 milioni di persone.

L’intervista, registrata a titolo gratuito, farà probabilmente impennare gli ascolti della trasmissione di Francesca Fagnani su Rai 2, nonostante le polemiche di chi definisce questa scelta una  “vergogna per la Rai”.​

Ma dietro l’indignazione, c’è la paura: paura dell'ormai evidente crollo del modello culturale tradizionale, sostituito da un nuovo umanesimo del trash, dove l'ignoranza e la mancanza di qualsiasi talento diventano modelli, e dove chi grida più forte vince. 

Rita De Crescenzo non è un’anomalia, è un prodotto della nostra epoca: fabbricato da algoritmi, alimentato da emozioni, consumato in massa. E se continuiamo a scandalizzarci senza chiederci perché certi personaggi esplodono, allora il vero fallimento non è in Rai, ma dentro ognuno di noi.

L'indignazione e l'ipocrisia

L’indignazione è pura ipocrisia: se Rita De Crescenzo non fosse un fenomeno di massa, non sarebbe mai finita su Belve.

Il punto non è se la Rai debba o meno dare spazio a personaggi controversi, ma perché una società che si autodefinisce evoluta acclami chi fa sfoggio di ignoranza, volgarità e passato criminale.

La sua ascesa — da arresti per spaccio a idolo del web — non è un riscatto, ma un sintomo di una cultura che premia il rumore, non il pensiero.​

Non importa quanto urli, quanto sia divisiva, quanto la sua storia trasudi disagio sociale e criminalità: è la regina delle visualizzazioni.

Non contano più il curriculum, la competenza, la morale: conta l’audience, e Rita è “audience potenziata”, viva, e sfacciata come serve.

Belve, Fagnani e il laboratorio del trash

Perché allora Francesca Fagnani la invita? Per ingenuità? Certamente no. Fagnani è stratega della provocazione: “Belve” non è solo un talk, è una fiera delle contraddizioni, un laboratorio sociale dove il trash fa da collante e l’indignazione crea share.

La De Crescenzo porta malumori? La Rai si agita? Politici e intellettuali tuonano contro lo spreco di denaro pubblico? Perfetto: più ci si indigna, più il pubblico cresce. E se l’apparizione a titolo gratuito diventa notizia, è solo ulteriore combustibile per l’hype.​

Non inganniamoci: quella sera, “Belve” farà numeri da capogiro proprio grazie a Rita. Il mainstream rincorre i fenomeni nati nei buchi neri di TikTok. Ci si lamenta, ma si guarda. Si critica, ma si condivide.

Il vero problema: la società che applaude

Il problema non è che Rita De Crescenzo venga invitata dalla tv pubblica. Il problema è capire perché è proprio la società italiana a volerla su quel palco, a trasformare una storia di disagio urbano e criminalità in trionfo pop. 

La sua vita è una sequela di episodi da cronaca nera – incinta a 12 anni di un uomo di camorra, arrestata per spaccio, protagonista del surreale furto del cadavere del padre (con tanto di pistola giocattolo e tanica di benzina) – eppure, è diventata “iconica” proprio perché normalizza la follia.​

Rita è il risultato del meccanismo che premia chi si mostra ignorante, teatrale, impunito. I social l’hanno eletta regina e la Rai la incorona senza battere ciglio.

Chi oggi si indigna dovrebbe invece porsi una domanda cruciale: perché milioni di italiani scelgono di seguire modelli del genere? Perché la viralità e la sfacciataggine sono diventate valuta di scambio per la popolarità?

Trash, audience e responsabilità

La tv pubblica riflette la società, non la plasma. Rita De Crescenzo a “Belve” è solo lo specchio di un Paese in cerca di evasione, scandalo e protagonismi. Indignarsi serve solo ad alzare lo share, moltiplicare i commenti, generare meme. Il trash non è una malattia, è il sintomo.

E finché continueremo a indignarci senza interrogarci sulle cause profonde, continueremo ad applaudire chi urla più forte. Rita De Crescenzo è la punta dell’iceberg, ma il ghiaccio sotto di lei siamo noi: un Paese che ha perso la bussola tra rumore e sostanza, tra lo sdegno facile e la riflessione seria. La morale? Il vero scandalo non è nella scelta della Rai, ma nel folle successo di chi pubblica masterclass di cialtroneria, raccattando milioni di visualizzazioni (e di euro).

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