Rita De Crescenzo è stata invitata a "Belve", scatenando polemiche sull'opportunità che la tv di Stato dia spazio ad un personaggio del genere. Ma gli indignados dimenticano che questa bizzarra signora napoletana, dal passato controverso, è seguita da oltre 2 milioni di persone.
L’intervista, registrata a titolo gratuito, farà probabilmente impennare gli ascolti della trasmissione di Francesca Fagnani su Rai 2, nonostante le polemiche di chi definisce questa scelta una “vergogna per la Rai”.
Ma dietro l’indignazione, c’è la paura: paura dell'ormai evidente crollo del modello culturale tradizionale, sostituito da un nuovo umanesimo del trash, dove l'ignoranza e la mancanza di qualsiasi talento diventano modelli, e dove chi grida più forte vince.
Rita De Crescenzo non è un’anomalia, è un prodotto della nostra epoca: fabbricato da algoritmi, alimentato da emozioni, consumato in massa. E se continuiamo a scandalizzarci senza chiederci perché certi personaggi esplodono, allora il vero fallimento non è in Rai, ma dentro ognuno di noi.
L’indignazione è pura ipocrisia: se Rita De Crescenzo non fosse un fenomeno di massa, non sarebbe mai finita su Belve.
Il punto non è se la Rai debba o meno dare spazio a personaggi controversi, ma perché una società che si autodefinisce evoluta acclami chi fa sfoggio di ignoranza, volgarità e passato criminale.
La sua ascesa — da arresti per spaccio a idolo del web — non è un riscatto, ma un sintomo di una cultura che premia il rumore, non il pensiero.
Non importa quanto urli, quanto sia divisiva, quanto la sua storia trasudi disagio sociale e criminalità: è la regina delle visualizzazioni.
Non contano più il curriculum, la competenza, la morale: conta l’audience, e Rita è “audience potenziata”, viva, e sfacciata come serve.
Perché allora Francesca Fagnani la invita? Per ingenuità? Certamente no. Fagnani è stratega della provocazione: “Belve” non è solo un talk, è una fiera delle contraddizioni, un laboratorio sociale dove il trash fa da collante e l’indignazione crea share.
La De Crescenzo porta malumori? La Rai si agita? Politici e intellettuali tuonano contro lo spreco di denaro pubblico? Perfetto: più ci si indigna, più il pubblico cresce. E se l’apparizione a titolo gratuito diventa notizia, è solo ulteriore combustibile per l’hype.
Non inganniamoci: quella sera, “Belve” farà numeri da capogiro proprio grazie a Rita. Il mainstream rincorre i fenomeni nati nei buchi neri di TikTok. Ci si lamenta, ma si guarda. Si critica, ma si condivide.
Il problema non è che Rita De Crescenzo venga invitata dalla tv pubblica. Il problema è capire perché è proprio la società italiana a volerla su quel palco, a trasformare una storia di disagio urbano e criminalità in trionfo pop.
La sua vita è una sequela di episodi da cronaca nera – incinta a 12 anni di un uomo di camorra, arrestata per spaccio, protagonista del surreale furto del cadavere del padre (con tanto di pistola giocattolo e tanica di benzina) – eppure, è diventata “iconica” proprio perché normalizza la follia.
Rita è il risultato del meccanismo che premia chi si mostra ignorante, teatrale, impunito. I social l’hanno eletta regina e la Rai la incorona senza battere ciglio.
Chi oggi si indigna dovrebbe invece porsi una domanda cruciale: perché milioni di italiani scelgono di seguire modelli del genere? Perché la viralità e la sfacciataggine sono diventate valuta di scambio per la popolarità?
La tv pubblica riflette la società, non la plasma. Rita De Crescenzo a “Belve” è solo lo specchio di un Paese in cerca di evasione, scandalo e protagonismi. Indignarsi serve solo ad alzare lo share, moltiplicare i commenti, generare meme. Il trash non è una malattia, è il sintomo.
E finché continueremo a indignarci senza interrogarci sulle cause profonde, continueremo ad applaudire chi urla più forte. Rita De Crescenzo è la punta dell’iceberg, ma il ghiaccio sotto di lei siamo noi: un Paese che ha perso la bussola tra rumore e sostanza, tra lo sdegno facile e la riflessione seria. La morale? Il vero scandalo non è nella scelta della Rai, ma nel folle successo di chi pubblica masterclass di cialtroneria, raccattando milioni di visualizzazioni (e di euro).