26 Oct, 2025 - 13:37

La Generazione Ansia: tra l’Oceano delle possibilità e la paura di affondare

In collaborazione con
Chiara Ena
La Generazione Ansia: tra l’Oceano delle possibilità e la paura di affondare

"Siamo una generazione con il fiatone, la mattina ci alziamo col nodo in gola e non sappiamo se è fame, se è stanchezza o se è solo l’ansia che ci ha dormito addosso tutta la notte". Sono le parole dure ma universalmente riconoscibili con cui l’ attore Lorenzo Zurzolo ha aperto il suo monologo a Le Iene.

Un intervento non solo personale ma l’ espressione di ciò che la nostra generazione vive costantemente, intrappolata nel grande paradosso della nostra era: essere la prima ad avere tutto a disposizione e sentirsi, proprio per questo inadeguati.

Zurzolo lo chiama l’ “oceano delle possibilità” : un’ immagine che dovrebbe evocare libertà , ma che in realtà genera angoscia. In un mondo dove ogni minuto siamo bombardati di stimoli e modelli di successo sui social media, l’ enorme libertà di scelta a volte diventa una trappola. L’oceano è talmente vasto - spiega l’attore- da farti “perdere la bussola”. Il problema sta nella tirannia di dover sfruttare tutte le possibilità subito. Sentirsi fuori rotta non è un opzione contemplata e l’alternativa percepita è restare immobili e affondare, oppure adottare tutti i ritmi tossici imposti da chi sembra “nuotare” perfettamente.

La camicia stretta dell’ansia: vietato fallire

La pressione è così soffocante da lasciare i giovani in una perenne "apnea emotiva". L'ansia da prestazione non è solo un sintomo mentale, ma una condizione fisica descritta come una "camicia che ci hanno cucito addosso e ci hanno detto che ci sta benissimo". Questo è il cuore della critica di Zurzolo, che smaschera la sartoria sociale dell'invulnerabilità:

• Il peso delle aspettative: si deve "fare ciò che non sentiamo pur di non deludere". Siamo costretti a indossare l'armatura della competenza e dell'efficienza per non mostrare le fragilità, sentendoci "fuori tempo massimo a 25 anni" se non abbiamo già definito tutto.

• Il Peso del Senso di Colpa: il monologo punta il dito contro la cultura dell'iper-produttività: se provi a rallentare, a fare un passo indietro o semplicemente a riflettere, sei subito assalito da "sensi di colpa, sensi di ingratitudine". Chi ha così tanto, non può permettersi di essere stanco.

La Medaglia Tossica: Quando L'Esaustione Diventa Status Symbol

L'obbligo di "fare ciò che non sentiamo pur di non deludere" ha un effetto collaterale ancora più insidioso: l'apologia della stanchezza. In molti ambienti, il burnout non è visto come un sintomo di malattia, ma come una medaglia al valore. Ostentare le ore piccole, il pasto saltato, l'esaurimento cronico, diventa una prova della propria indispensabilità e produttività.

Questo rafforza l'idea tossica che rallentare sia sinonimo di pigrizia o debolezza. E chi osa fermarsi, sente subito il peso del senso di colpa e del giudizio. Tuttavia, i giovani stanno cercando vie d'uscita concrete dall'ideale dello "squalo". Tendenze come lo slow living o, più recentemente, il quiet quitting (il rifiuto di fare sforzi non retribuiti e di andare oltre il proprio mansionario) non sono semplici mode. Sono la prova che una parte della generazione sta dicendo: "Smettetela di cucirci addosso questa camicia stretta; il nostro valore non si misura in ore di straordinario non pagate, ma nel benessere." È il primo, coraggioso atto di disobbedienza contro la tirannia della performance.

Il mondo, secondo Zurzolo, offre solo due vie estreme: soccombere o diventare predatori. Ma è una falsa dicotomia, un cannibalismo morale da rifiutare: «La scelta non è tra diventare squali o andare a fondo». Propone invece una forma di resilienza autentica: essere onde. Le onde non sono macchine perfette: si "infrangono" contro gli ostacoli, ma poi si "ricompongono" e tornano. L'onda insegna che la vera forza risiede nel ritmo naturale del cedimento e della rinascita, non in una corsa perpetua in apnea. È l'elogio del tempo necessario per capirsi e per liberarsi dal giogo delle aspettative esterne.

Il messaggio finale è un invito alla liberazione personale: l'unica vera sfida è smettere di rincorrere il successo altrui per "dimostrare niente a nessuno se non a se stessi". Togliersi quella camicia stretta è il primo passo per smettere di essere una "generazione col fiatone".

La libertà di essere onde e il valore del proprio tempo

Il monologo di Lorenzo Zurzolo non è un inno alla pigrizia, ma un atto di resistenza filosofica contro la "falsa urgenza" e l'ossessione per il risultato immediato. La "Generazione Ansia" ha il coraggio di affermare che il vero lusso oggi non è l'opportunità, ma la libertà di prendersi tempo per capire chi siamo. Riconoscere l'ansia, togliersi quella camicia stretta della perfezione e accettare di essere onde – con il loro ritmo di rottura e ricomposizione – è il primo e più difficile passo.

È l'atto di riscoprire l'antico valore dell'otium (il tempo dedicato al pensiero e alla crescita personale) contro il moderno negotium (il non-otium, ovvero l'ossessione per il lavoro incessante). L'ultima e definitiva liberazione, in un mondo che ci chiede costantemente di dimostrare, arriva solo quando si decide di non dover «dimostrare niente a nessuno se non a se stessi».

A cura di Chiara Ena

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