Il governo guidato da Giorgia Meloni ha deciso di introdurre nella legge di bilancio 2025 una nuova tassazione a carico delle banche, una misura che ha generato vivaci dibattiti all’interno della maggioranza di centrodestra. E non solo.
La decisione, infatti, si inserisce in un contesto di forte pressione su istituti di credito che hanno realizzato profitti significativi negli ultimi anni, e rappresenta un tentativo del governo di richiedere un contributo concreto al sistema bancario per sostenere le fasce più deboli della società italiana.
Alla fine, Giorgia Meloni ha tirato le somme così:
Ma gli italiani? I poveri cristi senza santi in paradiso costretti a pagare tasse sempre più esose?
Secondo le ultime misure previste dalla legge di bilancio 2025, il governo Meloni ha stabilito un contributo straordinario sulle banche pari a circa 5 miliardi di euro, a fronte di 44 miliardi di profitti attesi per il 2025.
Si tratta finalmente di quella misura di giustizia sociale tanto agognata dagli italiani?
Il dubbio rimane: la premier ha motivato la scelta sottolineando come questo contributo non sia una nuova tassa sui profitti delle aziende, ma una richiesta di responsabilità sociale da parte degli istituti di credito che negli anni hanno beneficiato di condizioni di mercato favorevoli e di forme di sostegno statale come il Superbonus e la garanzia sui crediti deteriorati.
Nello specifico, la misura prevede un’aliquota del 27,5% legata alla liberazione dei depositi vincolati e si inserisce in un pacchetto di interventi che mira a ottenere un gettito complessivo di circa 4,5 miliardi di euro da banche e assicurazioni.
Meloni, inoltre, ha più volte avuto modo di spiegare che è giusto che il sistema bancario dia il suo contributo essendo in una posizione di forza economica e ha definito il contributo una “forma di responsabilità”, non una penalizzazione. Men che mai "un provvedimento da Unione Sovietica", come pure detto da Forza Italia.
Quanto al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, ha confermato che eventuali modifiche saranno solo valutate se compatibili con la tenuta dei conti pubblici.
In ogni caso: la decisione di imporre questa tassa alle banche non è stata priva di tensioni all’interno della maggioranza di centrodestra.
I vari partiti si sono confrontati aspramente sull’entità del contributo e sulle modalità di finanziamento della manovra.
La Lega si è fatta portavoce di una posizione più dura, chiedendo di aumentare il contributo e di usare i fondi per finanziare il Piano casa, sottolineando il notevole margine di guadagno degli istituti bancari.
Al contrario, Fratelli d’Italia, principale partito della coalizione guidato dalla stessa Meloni, ha mantenuto una posizione più rigida verso un accordo già raggiunto, rifiutando modifiche che potessero indebolire l’intesa.
Anche Forza Italia si è mostrata critica nei confronti della misura, temendo effetti negativi sul settore bancario e sull’economia in generale.
Nel complesso, la discussione ha evidenziato una certa fragilità nel centrodestra, con scambi intensi tra i leader di partito che hanno rinfacciato reciproche manovre e tentativi di indebolire la scelta del governo.
E dal lato delle opposizioni? L’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha definito la manovra insufficiente per imporre una vera tassazione sugli extraprofitti bancari, accusando il governo di favorire il risiko bancario con cordate amiche.
Altri esponenti politici hanno bollato la misura come una “presa in giro” per gli italiani, considerandola un’anticipazione fiscale che le banche recupereranno successivamente, e non una vera forma di contributo straordinario.
In conclusione, con una parafrasi, si potrebbe chiedere chi fa e cosa fa il banco?
La misura del governo Meloni di tassare le banche per circa 5 miliardi nel 2025 nasce sicuramente come un compromesso all’interno della maggioranza di centrodestra tra la necessità di reperire risorse e le diverse sensibilità dei partiti su come trattare il sistema bancario, tra richieste di responsabilità sociale e timori di impatti economici.
Le polemiche interne hanno messo in luce divisioni importanti, ma la decisione appare per ora confermata e sottolinea la volontà del governo di chiedere un contributo concreto agli istituti in un contesto economico ancora incerto. Gli italiani capiranno.