Ma per quale diavolo di motivo la sinistra italiana ha sempre bisogno di un Papa straniero, di eleggere a modello un politico che italiano non è?
Dopo Obama, Hollande, Sanchez, ora tocca a Zohran Mamdani, il giovane politico democratico di origine ugandese che è stato eletto sindaco di New York, segnando una svolta storica come primo sindaco musulmano della città più grande degli Stati Uniti. Non dell'Italia.
E va bene che la sua vittoria (ha superato con oltre il 50% dei voti l'ex governatore Andrew Cuomo) sia accolta con entusiasmo anche nella sinistra italiana che vede in lui un simbolo di rinnovamento progressista e una speranza per un'agenda politica più sociale e inclusiva. Ma da qui a farlo santo subito sentendosi per di più anche compartecipi della sua vittoria, anche no.
La sinistra italiana ha reagito alla vittoria di Mamdani con un entusiasmo spesso fuori luogo.
Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana è stato tra i primi a esultare, affermando che il programma di Mamdani - università e trasporti gratuiti, controllo degli affitti e tassazione dei miliardari - è esattamente quello che anche la sinistra italiana propone e per cui si batte.
Per Fratoianni, la vittoria a New York dimostra che una agenda politica di sinistra radicale è praticabile anche in un grande contesto urbano americano, e rappresenta uno stimolo per la lotta politica in Italia.
E insomma: lui ha capito tutto
E la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, come ha celebrato il trionfo di Mamdani?
La Nazarena ha ricordato il suo passato di volontaria nelle campagne di Barack Obama e ha sottolineato il valore simbolico del primo sindaco musulmano come un segnale di inclusione e rinascita progressista.
Solo il "fortissimo punto di riferimento dei progressisti italiani", Giuseppe Conte, sui social, ha preferito il silenzio davanti alla elezione di Mamdani.
Ma tant'è: la festa c'è stata lo stesso.
L'elezione del 34enne che si definisce un socialista democratico regala alla sinistra italiana l'ultimo mito da venerare.
Del resto, da sempre tende a specchiarsi in leader e modelli stranieri — da Barack Obama a Zapatero, da Pedro Sánchez a Bernie Sanders fino al greco Alexsis Tsipras — soprattutto in momenti di crisi interna o di fibrillazione ideologica.
Ma questa necessità di individuare un punto di riferimento esterno è spesso dettata dalla difficoltà della sinistra italiana di costruire un’identità e un programma autonomi e credibili nel sistema politico nazionale.
Ecco allora che la vittoria di Mamdani rappresenta più che altro un sollievo e una fonte di ispirazione, quasi una spinta a rilanciare un progetto politico progressista che in Italia appare spesso in affanno o diviso.
La sinistra italiana guarda a queste vittorie estere come a conferme che un'alternativa alla politica tradizionale e ai governi di centrodestra o centrosinistra possa esistere, almeno altrove, alimentando la speranza che tali modelli possano un giorno essere tradotti in realtà anche nel nostro Paese.
Come dire: nel celebrare la nuova leadership di Zohran Mamdani a New York, la sinistra italiana si ritrova a riflettere sul proprio bisogno di esempi per rinnovarsi e ritrovare slancio.
Bisognerebbe farla stendere su un lettino di uno psicoterapeuta.
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