L'estate scorsa era toccato al direttore d'orchestra Valery Gergiev; questa volta, invece, a Ildar Abdrazakov, direttore del Teatro dell'Opera di Sebastopoli, essere censurato dalle istituzioni culturali italiane.
Entrambi i musicisti russi prima sono stati invitati; poi, in seguito alle proteste di chi li crede veicoli della guerra ibrida di Putin contro l'Italia (in primis la Fondazione del dissidente Navalny) sono stati estromessi dalle rassegne dei nostri enti culturali.
Per questo, oggi, Marco Travaglio ha accusato di censura (insensata) Pina Picierno, la vicepresidente del parlamento europeo che ha guidato la protesta contro gli artisti russi, e il ministro della Cultura Alessandro Giuli, il quale, dopo aver fatto pressioni affinché Gergiev non si esibisse alla Reggia di Caserta, ora è stato determinante per far cancellare l'esibizione del basso-baritono Abdrazakov presso il Teatro Filarmonico di Verona.
Per Travaglio si tratta di un atto ostile immotivato da parte del nostro Paese nei confronti della Russia.
E insomma: togliete tutto a Travaglio, tranne i maggiori esponenti della cultura russa. Il direttore del Fatto ne va pazzo. Così, oggi, nel suo consueto editoriale, difende a spada tratta il basso-baritono Abdrazakov: doveva esibirsi a Verona, ma il ministro Giuli l'ha fatto estromettere dal programma.
E Travaglio non ci ha pensato due volte a denunciare questa gravissima decisione:
ha tuonato, ricordando che l'estate scorsa era toccata la stessa sorte a Gergiev.
ha fatto sapere il direttore del Fatto con il suo solito sarcasmo (se vogliamo chiudere gli occhi davanti al reiterato bullismo sessista nei confronti della Picierno).
Travaglio non ha mancato nemmeno di evidenziare il curriculum (artistico) fenomenale di Abdrazakov: incredibile che l'Italia ne faccia a meno.
Insomma, secondo Travaglio, l'Italia si priva di un talento luminosissimo delle scene musicali internazionali con una scusa che non sta in piedi. Per il direttore del Fatto, né Abdrazakov né Gergiev sono strumenti della guerra ibrida di Putin verso l'Italia.
Anzi, il Cremlino non fa alcuna guerra all'Italia. Né vera, né psicologica (come attesterebbero le ultime dichiarazioni di Maria Zakharova, la portavoce di Lavrov, a seguito del crollo della Torre dei Conti a Roma), né ibrida, imponendo la sua cultura e i messaggi del Cremlino attraverso i grandi nomi delle arti.
Meno male che lo stesso Travaglio ha ricordato che quest'ultimo, oppositore di Putin, è "morto in carcere l'anno scorso".
E comunque: questa Fondazione ha bollato Abdrazakov "complice di Putin" e "quel che è peggio - ha scritto ancora il direttore del Fatto - proprietario di una villa in Toscana (roba da ergastolo)".
Tanto è bastato per far scattare la censura.
A questo punto, Travaglio se l'è presa con Giuli, un ministro liberale solo tra virgolette in quanto ha sostenuto che "la cultura russa, al pari delle altre, è sempre benvenuta in Italia quando rappresenta un veicolo di dialogo e pacificazione fra i popoli. Non così, invece, quando diventa lo strumento di propaganda al servizio di un potere dispotico che non può e non deve avere diritto di cittadinanza nel mondo libero".
Travaglio ha scritto che il ministro "forse temeva che Abdrazakov, sul palco di Verona, sostituisse il libretto di Lorenzo Da Ponte con un discorso di Putin" (in effetti, Gergiev fece trasmettere un video propagandistico di Putin nel corso di un suo concerto, ndr).
Poi, gli è scappata una battutaccia sui bambini:
Forse, al direttore del Fatto, che non a caso qualcuno ha ribattezzato l'Emilio Fede di Putin, è sfuggito il fatto che quest'ultimo sia incriminato per crimini di guerra per averne rapiti 20 mila.
Sipario, allora. Davvero.
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