07 Nov, 2025 - 13:45

Mamdani e Alex Soros: quando il socialismo abbraccia l'élite globalista

Mamdani e Alex Soros: quando il socialismo abbraccia l'élite globalista

L’elezione del socialista Zohran Kwame Mamdani a sindaco di New York ha scosso il panorama politico statunitense, ma la vera notizia destinata ad alimentare polemiche e dietrologie è quella foto iconica: l’abbraccio sorridente tra Mamdani e Alex Soros, figlio del celebre finanziere George Soros, divenuto nel frattempo erede operativo dell’impero filantropico più controverso dell’Occidente.

Un’immagine che, al di là della celebrazione personale, diventa il simbolo plastico di una liaison complessa e molto discussa tra la nuova sinistra radicale americana e i grandi poteri globalisti.​

Il nuovo ordine a New York: da Ocasio-Cortez a Mamdani

New York, laboratorio globale delle tendenze politiche ed economiche della sinistra mondiale, si conferma terreno fertile per figure che interpretano il socialismo in chiave radicale e identitaria.

Il successo di Mamdani nasce proprio in quei quartieri che idolatrano Alexandria Ocasio-Cortez e hanno trasformato il politicamente corretto in religione civile. Non è un caso che tra i suoi supporter si contino esponenti della cultura woke, promotori di battaglie progressiste spesso più mediatiche che realmente trasformative.​

Ma il dato più interessante è quest’intreccio con la galassia Soros. Alex Soros, ormai presenza fissa nei think tank, negli eventi delle ONG e nelle tavole rotonde progressiste, rappresenta l’establishment della sinistra globalista: fondazioni, capitali senza patria, relazioni istituzionali e influenza sulla narrativa mediatica.

La foto insieme a Mamdani non è solo un segnale per i follower su X, ma un messaggio al mondo su quale sinistra debba essere promossa e sostenuta nei grandi centri urbani occidentali.​

Il laboratorio Soros: filantropia e potere

Negli ultimi anni, la famiglia Soros ha investito miliardi di dollari per diffondere globalismo, multiculturalismo e politiche di redistribuzione sociale. La strategia passa dall’acquisizione di consenso nei settori progressisti, infiltrandosi lì dove la rabbia sociale può essere “canalizzata” verso forme di protesta compatibili con un certo ordine internazionale.

Ecco quindi l’appoggio a sindaci e governatori che promettono di tassare i ricchi, costringere la mano al capitalismo tradizionale e concedere nuovi diritti alle minoranze: una rivoluzione apparentemente dal basso, ma in realtà orchestrata con la collaborazione attiva dei vertici finanziari globali.​

L’abbraccio tra Soros e Mamdani conferma questa sinergia. Il nuovo sindaco è il volto gentile e idealista di una New York anticapitalista — almeno di facciata. Ma a ben vedere, nello scacchiere mondiale, Mamdani gioca una partita a fianco delle stesse elite che a parole dichiara di combattere: basta uno sguardo agli sponsor delle sue campagne, ai think tank che lo promuovono, ai network internazionali che gli procurano visibilità e sostegno.

Perché i poteri forti globalisti puntano sui nuovi socialisti?

L’appoggio dei Soros e di altri tycoon progressisti a figure radicali come Mamdani serve a garantire la coesistenza “pacifica” tra una società sempre più frammentata e un’economia sempre più controllata dall’alto.

Affidando la guida delle metropoli più simboliche a sindaci impegnati nella redistribuzione, nel linguaggio inclusivo e nelle crociate politicamente corrette, l’establishment globalista si assicura due vantaggi: la preservazione della propria posizione dominante e la neutralizzazione delle spinte realmente antagoniste.​

A conti fatti, lo scenario che si profila non è quello di una nuova primavera socialista, ma di un raffinato esperimento di governance: le plebi si placano con slogan e piccoli baluardi identitari, la città “progressista” trova nuovi pretesti per sentirsi virtuosa, i veri padroni si ritrovano sempre ai posti di comando, magari dietro le quinte, a tessere le fila mediante filantropia, borse di studio e campagne mediatiche.

Mamdani e i “nuovi” poteri forti: mutazione o continuità?

Dove potrebbe portare questa alleanza? Il rischio, già evidente, è quello di una progressiva omologazione globale dei centri di potere, con epicentro nelle principali città del mondo occidentale. Figure come Mamdani assicurano stabilità e apparenza democratica, mentre dietro la facciata radicale si perpetua il dominio delle grandi famiglie finanziarie e delle multinazionali delle idee.

Ecco perché quella foto non è solo un’istantanea: è la sintesi perfetta di un patto tra élite progressista urbana e aristocrazia del capitale transnazionale. Il nuovo socialismo newyorchese, in fondo, parla la lingua dei Soros molto più di quanto non ammetta.​

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