Nelle ultime ore si sta sentendo parlare di una Legge di Bilancio che avvantaggia le fasce alte della popolazione: una Legge di Bilancio per i ricchi.
Secondo le critiche, la misura che fa avere un volto del tutto particolare che va contro alle intenzioni di aiutare il ceto medio è, paradossalmente, proprio il taglio dell’Irpef. Costosa, forse troppo, che non dà i vantaggi che dovrebbe proprio alle fasce intermedie, ma regala tanto a chi già tanto ha.
Vediamo perché, le critiche e a chi davvero aiuta la prossima Manovra.
Quella che doveva essere la Legge di Bilancio per il ceto medio, sta prendendo una direzione totalmente diversa. Almeno, è quanto emerge dalle critiche a uno dei pilastri della manovra.
Il taglio dell’Irpef pensato per sostenere il ceto medio finisce per premiare soprattutto i redditi più alti. Le ultime audizioni parlamentari confermano le criticità della misura: secondo la Banca d’Italia, l’intervento ha effetti limitati sulla riduzione delle disuguaglianze.
Critiche simili arrivano dalla Corte dei Conti, dall’Istat e dall’Upb, che evidenziano come i benefici reali finiscano per concentrarsi sulle fasce di reddito superiori.
D'altra parte, invece, si cerca di rassicurare le famiglie, spiegando che la manovra e lo stesso taglio dell'Irpef punta alla tutela dei redditi medi e rivendicando la scelta di rigore come necessaria per una gestione responsabile dei conti pubblici.
Nella bozza della Manovra 2026, approvata dal Consiglio dei ministri lo scorso 17 ottobre, è previsto un intervento sulla seconda aliquota Irpef, che verrà ridotta dal 35% al 33%.
Con la nuova modifica, la seconda aliquota Irpef, applicata ai redditi compresi tra 28mila e 50mila euro, passa dal 35% al 33%, determinando un alleggerimento immediato del carico fiscale per i contribuenti interessati.
Gli altri scaglioni, corrispondenti alle aliquote del 23% e del 43%, rimangono invariati, salvo eventuali ulteriori cambiamenti durante l’iter parlamentare.
Il taglio di due punti della seconda aliquota Irpef, applicato ai redditi tra 28mila e 50mila euro, riguarda circa il 30% dei contribuenti, oltre 13 milioni di persone.
L’agevolazione comporta un vantaggio medio annuo di circa 230 euro, ma, di fatto, a trarne i benefici più significativi sono soprattutto le fasce di reddito più alte.
Il provvedimento interesserà oltre 14 milioni di contribuenti, con un risparmio medio annuo di circa 230 euro. Tra questi, circa 11 milioni di famiglie (pari al 44% del totale) percepiranno in media 276 euro, considerando che in molti nuclei ci sono più percettori di reddito.
La maggior parte dei soldi (oltre l’85%) andrà ai più ricchi. Le famiglie più abbienti ne ricevono di più, quelle più povere solo 102 euro in media, contro 411 euro dei più ricchi.
Nonostante l’obiettivo dichiarato di sostenere il ceto medio, il provvedimento finisce per concentrare i vantaggi su chi già gode dei redditi più elevati, lasciando sullo sfondo le fasce più vulnerabili. Tuttavia, ancora parliamo di una bozza e nulla toglie la possibilità di interventi che potrebbero invertire questa rotta che, da più parti, preoccupa.
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