Il nuovo Frankenstein del 2025 non è semplicemente un’altra trasposizione cinematografica del romanzo di Mary Shelley: è la versione che Guillermo del Toro aspettava da una vita di poter raccontare. Scritto, diretto e co-prodotto da lui, il film approda su Netflix il 7 novembre 2025. Del Toro nel cast sceglie Oscar Isaac, Jacob Elordi, Mia Goth, Christoph Waltz e Charles Dance.
Al centro della storia c’è solo l’orrore della creazione e il paradosso umano più antico: un mostro che nasce innocente e puro, interpretato da Jacob Elordi, contrapposto al suo creatore, un Victor Frankenstein dalle ambizioni febbrili e arroganti, portato in scena con intensità feroce da Isaac.
In questo duello silenzioso, è chi dà la vita a mostrarsi più brutale di chi la riceve. Perché, ancora una volta, del Toro ce lo ricorda: il vero mostro non è quello cucito dallo scienziato, è quello che non sa assumersi la responsabilità di ciò che ha creato.
E come finisce il film? Lo analizziamo in modo semplice ma completo e, ovviamente, imbattendoci negli spoiler.
La conclusione di Frankenstein costituisce una catarsi dal dolore e dal rifiuto: solo dopo un inseguimento senza fine, in cui creatura e creatore si affrontano, il mostro riceve tenerezza da parte del padre che lo ha sempre rinnegato, che l'ha messo al mondo per dimostrare il suo potere sull'esistenza e, poi, non è stato in grado di crescerlo, di accudirlo.
È solo quando lo scienziato è vicino a spirare che riconosce davanti a sé, in quell'abominio di cui cerca subito di sbarazzarsi, non una bestia o un mostro, ma un figlio, destinato a vivere.
La tragedia si trasforma in accettazione. La morte dello scienziato che tenta di vincere i limiti della natura libera la creatura, un essere che è nato da un ossario, dal desiderio di riconoscimento, spingendolo a inseguire l'unica cosa che gli sia rimasta: un'esistenza che non poteva in nessun modo stroncata.
E, dunque, dopo essere riuscito a raggiungere Victor sulla nave del Capitano Anderson e a perdonare il suo creatore nella morte, il mostro abbandona la nave e la libera dai ghiacci, prima di continuare il suo cammino: mentre l'equipaggio della nave finalmente torna verso casa, la creatura è investita dal sole e dal suo calore si lascia abbracciare, proprio come, aperti all'inizio i suoi occhi, gli aveva mostrato Victor: il sole è vita e la vita è tutto ciò che il mostro può stringere tra le braccia.
Il film si chiude, prima dei titoli di coda, sulle parole di Lord Byron, quel poeta folle e pericoloso che fu vicino a Mary Shelley, quando nacque il suo romanzo: "and thus the heart will break, yet brokenly live on", tradotto: "e così il cuore si spezzerà, ma continuerà a vivere spezzato".
La citazione viene dal terzo canto dell'opera Childe's Harold Pilgrimage, pubblicato nel 1816: Byron scrive in modo commovente dei caduti a Waterloo e di tutti coloro che hanno dovuto piangerli.
Il cuore, in risposta ad una crisi, è chiamato ad andare avanti, a resistere: il ricordo, non solo delle persone care, ma del dolore, si alimenta da solo e il cuore è costretto a sopportarlo.
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