Massimo Castelli, ex sindaco di Cerignale, è diventato il simbolo di una giustizia che non solo non protegge, ma spesso distrugge la vita delle persone.
La sua vicenda, raccontata con lucidità e amarezza, è un caso emblematico di come l’ordinaria amministrazione giudiziaria possa trasformarsi in una macchina di ingiustizia, soprattutto per chi si trova al centro di inchieste che sembrano più spettacoli mediatici che indagini rigorose.
Il 10 febbraio 2022, Castelli viene arrestato nella notte con un dispiegamento di forze degno di un’operazione contro la criminalità organizzata: elicotteri, centinaia di carabinieri, accuse pesantissime che vanno dall’associazione a delinquere alla corruzione, passando per truffa e turbativa d’asta.
Tutto per un paesino di 120 abitanti, Cerignale, e per appalti che riguardano staccionate, ciottolati, vicoli da illuminare e una palestra da ammodernare.
Castelli racconta di essere rimasto in carcere finché non si è dimesso, poi ha affrontato quattro mesi di arresti domiciliari. La sua vita politica è finita, la carriera pure, e il suo stipendio è stato tagliato. Oggi, dopo 1.098 giorni, non è né archiviato né rinviato a giudizio: la sua udienza preliminare è stata aggiornata all’aprile 2026. “La mia vita è sospesa da quattro anni”, dice Castelli.
“Non mi hanno né archiviato né rinviato a giudizio. Sono in un limbo di indeterminatezza. Se ho sbagliato, lo dimostrino e pagherò. Altrimenti, mi assolvano, ma non è possibile sconvolgere a questo punto la vita di una persona e poi mollarla nel nulla”.
Le accuse riguardano soprattutto la gestione di appalti pubblici, tra cui la costruzione di una centralina elettrica per 300.000 euro. Il dettaglio che ha insospettito i magistrati? Il direttore dei lavori ha usato un tubo da 25 centimetri invece che da 30, risparmiando 300 euro.
Castelli spiega che la variante era stata approvata dalla Regione, ma la Procura non ha ritenuto di allegarla all’atto d’accusa. “Ero convinto che un pm dovesse considerare anche le prove a discolpa di chi vuol processare”, riflette Castelli.
Castelli denuncia la mancanza di rispetto per la vita delle persone da parte di chi indaga. “Mi indigna il fatto che le indagini si siano chiuse dopo quattro anni senza che nessuno sia venuto a fare un sopralluogo, per verificare se le accuse sulla carta hanno una corrispondenza nella realtà”, dice.
Nessuno degli enti che secondo l’accusa sarebbero stati danneggiati dal suo agire criminale si è costituito parte civile: né la Regione, né la Provincia, né il Comune commissariato.
Castelli, di sinistra, voterà sì al referendum sulla giustizia. “Vorrei che la mia vicenda diventasse un simbolo di quanto la riforma sia necessaria”, dice. “Sono di sinistra ma penso che ci vorrebbe un test psico-attitudinale per i magistrati, hanno in mano la vita delle persone, devono essere equilibrati e capaci di riconoscere pubblicamente quando sbagliano”.
Per lui, la separazione delle carriere non risolverebbe tutto, ma sarebbe un passo avanti: “Se venissi assolto, lo sarei dopo aver già scontato la condanna in parte e dopo essermi venduto una casa per pagare le spese legali. Il magistrato va avanti all’infinito gratis- anzi, a spese dei contribuenti-, a me invece ogni cosa che fa, costa”.
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