La cedolare secca è una delle soluzioni fiscali più convenienti per chi affitta un immobile, perché consente non solo di pagare meno tasse sul reddito da locazione, ma anche di risparmiare sull’Imu.
Secondo le ultime possibili novità della Legge di Bilancio 2026, l’aliquota della cedolare secca sugli affitti brevi dovrebbe salire al 26%.
Questo cambiamento sta portando molto scompiglio e dubbi su cosa convenga tra gli affitti brevi o quelli lunghi.
Ma in questo articolo non parleremo di questo argomento perché ne abbiamo già discusso, ma dello sconto Imu sulla cedolare secca.
Anticipiamo che l’Imu, infatti, resta sempre a carico del proprietario, anche quando la casa è affittata.
Tuttavia, in alcuni casi è possibile ottenere uno sconto del 25% sull’imposta, a patto che il contratto di affitto sia stipulato a canone concordato.
Vediamo subito come funziona.
Optare per un contratto a canone concordato significa accedere a un doppio sconto fiscale:
In cambio di questi benefici, il proprietario deve rispettare determinati limiti nel fissare il canone d’affitto: il prezzo non può essere deciso liberamente, ma deve rientrare nei valori stabiliti dagli accordi territoriali tra le associazioni dei proprietari e quelle degli inquilini.
L’Imposta si paga come sempre in due rate - acconto a giugno e saldo a dicembre - e si calcola sul valore imponibile dell’immobile, applicando l’aliquota stabilita dal Comune di riferimento. Lo sconto del 25% si applica direttamente su questo valore.
Alcuni Comuni possono prevedere ulteriori agevolazioni, ma solo per chi affitta con cedolare secca al 10%.
Chi invece sceglie la cedolare secca “ordinaria” al 21% non ha diritto a nessuna riduzione e paga l’Imu per intero.
Per usufruire dello sconto Imu sul canone concordato non serve presentare la dichiarazione, a meno che il Comune non disponga già delle informazioni necessarie per verificare il contratto.
Di norma, però, i Comuni possono accedere direttamente ai dati relativi ai contratti di locazione, quindi non è richiesto alcun adempimento aggiuntivo da parte del proprietario.
È bene ricordare che l’imposta resta sempre a carico del proprietario dell’immobile, anche quando la casa è affittata.
L’inquilino non deve contribuire in alcun modo a questa imposta (come invece accadeva con la vecchia Tasi, abolita nel 2020).
Diverso è il discorso per la tassa sui rifiuti: in questo caso l’obbligo di pagamento ricade sull’utilizzatore dell’immobile, cioè sull’affittuario, se il contratto di locazione dura almeno sei mesi.
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