C’è una buona notizia, ma anche molti interrogativi. Gli USA hanno deciso di ridurre i dazi su oltre 200 prodotti, tra cui carne e caffè. Ma perché proprio ora? In un momento in cui, in Italia, l’aumento dei prezzi dei beni e dei servizi continua a erodere gli stipendi e gli esperti confermano un incremento costante dei costi energetici, questo cambio di strategia economica americana potrebbe avere ripercussioni anche sul nostro Paese.
Con la Manovra 2026 alle porte, il governo italiano cerca di guardare al futuro con maggiore serenità e di intervenire nei settori dove il bisogno dei cittadini è più evidente. I salari reali, rimasti sostanzialmente fermi negli ultimi trent’anni e in calo negli ultimi anni, restituiscono un quadro preoccupante: qualcosa non sta funzionando e occorre riequilibrare il potere d’acquisto delle famiglie.
Ma quali effetti potrà avere una scelta così mirata su prodotti come carne, pomodori, banane e caffè, parte di una lista molto più ampia? E quali norme consentono al Presidente degli Stati Uniti di modificare così rapidamente la politica tariffaria? Domande centrali in un contesto in cui commercio estero, inflazione e relazioni internazionali sono sempre più intrecciati.
Il recente taglio dei dazi su oltre 200 prodotti da parte degli Stati Uniti, annunciato a metà novembre 2025, è stato riportato da Reuters, che conferma l’inclusione di carne bovina, caffè e altri prodotti agricoli.
Secondo l’interpretazione di vari analisti economici, la misura poggia su strumenti come l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), il Trade Expansion Act del 1962 e il Trade Act del 1974, che autorizzano il Presidente ad adeguare dazi e importazioni quando lo richiedono la sicurezza economica e l’interesse nazionale.
È su questa base normativa che è stato costruito il provvedimento annunciato.Osservando l’andamento dei prezzi, si nota come l’inflazione - a cui gli stessi dazi USA avevano contribuito - abbia ulteriormente impoverito le famiglie. Una dinamica che risuona con quella italiana, dove stipendi stagnanti non possono sostenere ulteriori rincari su alimentari, beni e servizi.
Il nuovo ordine esecutivo elimina o riduce le tariffe sull’importazione per una specifica lista di prodotti agricoli che gli Stati Uniti acquistano dall’estero. L’azione non riguarda tutti i beni, ma solo quelli che soddisfano due condizioni precise:
non sono disponibili in quantità sufficienti sul territorio statunitense;
sono considerati essenziali per la catena di approvvigionamento e per i consumatori americani.
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il provvedimento è retroattivo e ha effetto dal giorno precedente alla firma, una scelta pensata per evitare aumenti dei prezzi nel breve periodo. La manovra coinvolge un ventaglio molto ampio di articoli: oltre ai più noti carne bovina, pomodori, banane e caffè, figurano cacao, frutta tropicale, tè e altre derrate fondamentali per la grande distribuzione.
Come evidenziato da Il Sole 24 Ore, l’esenzione riguarda i beni per cui la produzione interna statunitense non può coprire la domanda nazionale: è questo il criterio che ha guidato la selezione dei prodotti inclusi.
La logica economica alla base della decisione è chiara ed evita una distorsione del mercato.
Un dazio applicato a un prodotto che può essere fabbricato o coltivato negli Stati Uniti - come acciaio o mais - rende il prodotto importato più costoso, incentivando i consumatori a scegliere l’alternativa nazionale.
Diverso è il caso dei beni che non possono essere sostituiti dalla produzione interna, come caffè o banane.
In questo scenario, il dazio diventa un costo aggiuntivo che importatori, distributori e rivenditori scaricano quasi interamente sul consumatore finale.
La tassa, quindi, non tutela i produttori americani e finisce per aggravare inflazione e costo della vita.
Che cosa paghiamo realmente: un mancato sviluppo interno, l’aumento delle materie prime o le dinamiche della contrattazione internazionale? E, soprattutto, cosa cambierà per i consumatori italiani?
Al momento, la risposta è semplice: non ci sarà alcun impatto diretto.
La manovra riguarda esclusivamente i dazi applicati dagli Stati Uniti sulle merci che entrano negli USA. Non ha quindi effetti diretti sui prezzi dei prodotti venduti in Italia o nell’Unione Europea.
L’impatto indiretto è minimo: riducendo i dazi, gli Stati Uniti potrebbero aumentare la domanda internazionale di caffè, cacao o banane, ma l’obiettivo del provvedimento è stabilizzare i prezzi interni, non modificare gli equilibri globali.
Per l’Italia, questa notizia è rilevante soprattutto come segnale politico: mostra l’uso della leva tariffaria come strumento per contrastare l’inflazione interna, non come evento con conseguenze immediate sui nostri prezzi al consumo.
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