La maggioranza politica torna a varcare la soglia del passato, rimettendo in gioco il condono edilizio del 2003. Un emendamento collegato alla Manovra 2026 apre interrogativi: si tratta di un’occasione per attrarre capitali o di un tentativo di recuperare consensi proponendo una sanatoria nata oltre vent’anni fa? Il governo punta a definire un piano utile sia a recuperare entrate, sia a permettere ai cittadini di sanare pendenze edilizie rimaste irrisolte. Un’azione che si fonda sul richiamo dell’articolo 32 della legge 24 novembre 2003, n. 326.
Una misura che, a prima vista, sembra favorire nuovi investimenti grazie al rilascio di un titolo edilizio in sanatoria per opere realizzate in assenza o in difformità dal titolo originario. L’espansione della sanatoria torna dunque al centro del dibattito con la presentazione dell’emendamento che riapre i termini del 2003. Ma come funziona esattamente? Chi potrà aderire e quali pendenze sarà possibile regolarizzare?
La partecipazione alla Manovra 2026 si articola in diversi emendamenti, tra cui la riapertura dei termini della sanatoria prevista dalla legge 326/2003. L’estensione dell’accesso alle precedenti regole normative garantisce una maggiore facilità nel sanare irregolarità edilizie.
Va precisato che non si tratta di un nuovo condono generalizzato, ma di una riapertura selettiva del condono 2003, pensata per regolarizzare situazioni rimaste sospese da oltre vent’anni.
Secondo quanto riportato da ANSA, la proposta è stata presentata dai senatori di Fratelli d’Italia (FdI), convinti che il nuovo intervento edilizio “non rappresenti un nuovo condono 2026, ma piuttosto una riapertura dei termini della normativa rimasta dormiente in alcune aree del Paese”.
Per sostenere la modernizzazione degli edifici, favorire il comparto edilizio e contribuire alla crescita economica del Paese, si punta alla riattivazione della legge 326/2003.
Nel dettaglio, il piano riguarda tre aspetti centrali: consentire ai contribuenti di sanare opere ultimate entro determinate scadenze, regolarizzare ampliamenti entro specifiche volumetrie ed escludere gli immobili situati in aree sottoposte a vincoli ambientali o paesaggistici.
L’emendamento inserito nella Manovra 2026 punta a raggiungere questi obiettivi in alcune regioni italiane, inclusa la Campania.
La riapertura del condono edilizio mira infatti a riproporre l’accesso alla sanatoria, aumentando sì il livello di liberalizzazione urbanistica, ma solo per le richieste che all’epoca furono escluse o congelate in alcune Regioni.
Resta comunque da definire, nel prosieguo dell’iter parlamentare, l’esatta portata territoriale della misura, che sarà chiarita solo dopo l’approvazione definitiva.
Il secondo punto mira ad agevolare la riapertura della sanatoria 2003, facilitando l’allineamento degli edifici agli standard nazionali. Le prime indicazioni mostrano che la misura dovrebbe riguardare:
immobili completati nei termini stabiliti dalla legge 326/2003;
ampliamenti entro le volumetrie previste dalla tabella allegata alla normativa originaria;
situazioni in cui la richiesta di sanatoria era stata avviata ma non perfezionata per motivi burocratici o amministrativi.
Secondo quanto specificato dall’ufficio stampa di FdI, “spetterà alle Regioni definire con atti propri le modalità di accesso alla riapertura”, introducendo così un nuovo livello di responsabilità istituzionale.
I criteri pratici saranno quindi elaborati a livello regionale, una volta che l’emendamento sarà approvato.
Saranno invece escluse dal condono:
opere in aree vincolate o ad alto rischio idrogeologico;
costruzioni prive dei requisiti minimi di sicurezza;
interventi che superano i limiti volumetrici previsti dalla legge 326/2003.
Le soglie volumetriche definite dalla normativa del 2003 saranno confermate solo dopo la versione definitiva dell’emendamento, che potrebbe prevedere chiarimenti o aggiornamenti tecnici.
Basterà la riapertura del condono edilizio 2003 per risanare gli interventi edilizi sospesi da oltre un ventennio? Difficile dirlo.
Una cosa è certa: la riapertura della sanatoria porrà inevitabilmente l’attenzione sulle regioni del Sud, richiedendo un’attenta valutazione dei parametri strutturali, della compatibilità urbanistica e del rispetto dei vincoli paesaggistici.
Il tutto in un contesto che per molti rappresenta un’occasione concreta per ottenere finalmente un titolo edilizio valido, regolarizzare la propria abitazione e accedere a operazioni come mutui, vendite o ristrutturazioni.
Secondo l’ANSA, le opposizioni criticano duramente la tempistica della misura, definendola un cambio di rotta “oltre i confini”, e parlano di “un provvedimento che rischia di avere implicazioni elettorali”, mettendo in guardia sul possibile rischio di “voto di scambio”.
Dall’altra parte, i proponenti rivendicano la necessità di riequilibrare la giustizia edilizia, liberando dal blocco migliaia di cittadini rimasti incagliati prima dell’applicazione della legge citata.
Tutte queste valutazioni restano comunque legate alla fase politica attuale, poiché la misura è ancora in discussione e potrebbe subire modifiche durante il percorso parlamentare.
L’attenzione resta alta: da un lato, la riapertura rilancia la crescita del comparto edilizio generando nuove entrate; dall’altro, emerge la volontà di recuperare quanto rimasto “perduto” nel corso degli anni.
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