Da giorni si sente ripetere lo stesso ritornello: “I playoff sono un incubo”, “le avversarie fanno paura”, “rischiamo un’altra tragedia sportiva”. Una narrazione quasi catastrofista, che descrive gli spareggi come una montagna insormontabile per la nostra Nazionale.
Ma questa immagine è fuori dalla realtà. Le avversarie non sono mostri mitologici e l’Italia non è una Cenerentola calcistica. Il problema non è la forza degli avversari: il problema è l’ansia collettiva che continuiamo ad alimentarci da soli pur consapevoli che non siamo più la nazionale dai giocatori talentuosi.
In semifinale arriverà una tra Svezia, Irlanda del Nord, Romania e Macedonia del Nord.
E puntualmente qualcuno rispolvera i fantasmi: “Attenzione alla Macedonia del Nord!”, “L’Irlanda del Nord è storicamente ostica!”, “La Svezia è fisica!”.
Tutti luoghi comuni ripetuti senza guardare l’unica cosa che conta: la distanza tecnica e tattica tra l’Italia e queste Nazionali pur non essendo più la nostra nazionale tecnicamente fortissima è comunque notevole.
Se gli Azzurri scenderanno in campo con intensità, aggressività e personalità, non c’è avversaria che tenga.
In caso di vittoria, la finale metterà di fronte all'Italia una squadra uscita vincitrice da una delle quattro semifinali tra nazionali inserite nella seconda fascia (Galles, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca) e nazionali della terza fascia (Albania, Kosovo, Irlanda e Bosnia-Erzegovina)
Squadre toste, ben organizzate, difficili da affrontare? Sì. Più forti dell’Italia? No.
Eppure molti continuano ad analizzarle come se parlassimo di superpotenze calcistiche. Non è così. L’Italia ha più qualità, più talento, più esperienza, più profondità di rosa. Quando il livello si alza davvero, sono loro che non vogliono incontrarci.
Ogni volta che si avvicina un playoff, in Italia scatta il riflesso condizionato del vittimismo sportivo.
Le frasi ricorrenti sono sempre le stesse: “Tanto finisce male”, “ci elimineranno”, “è già tutto scritto”.
Questo clima non aiuta né la squadra né i tifosi. Anzi: fa esattamente il gioco delle avversarie, che si alimentano della nostra insicurezza. La realtà è molto semplice: se giochiamo con paura complichiamo tutto, se giochiamo da Italia vinciamo. Punto.
Le avversarie sono organizzate e motivate, certo. Ma l’Italia — quando gioca con convinzione — è superiore a tutte le possibili rivali dei playoff.
E allora smettiamo di raccontare che siamo noi quelli che devono tremare. Per una volta, ricordiamoci la verità: se c’è una Nazionale che nessuno vuole pescare al sorteggio, siamo noi.
Il Mondiale 2026 non è un miraggio e non è una missione disperata. La qualificazione passa dalla testa prima che dal campo. L’Italia non deve avere paura delle avversarie. Le avversarie devono avere paura dell’Italia.
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