L’Italia si trova nuovamente nel mirino della Commissione Europea per la protezione della fauna marina.
La procedura di infrazione avviata l’anno scorso procede senza sosta: secondo Bruxelles, il nostro Paese non avrebbe rispettato la direttiva Habitat, ignorando l’obbligo di monitorare e prevenire le catture accidentali di delfini, tartarughe marine e uccelli marini durante le attività di pesca.
Roma ha ora due mesi per rispondere prima che la vicenda approdi davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Una decisione che rilancia il dibattito sul rapporto tra Italia e Ue.
La Commissione Europea contesta all’Italia di non aver istituito un sistema efficace per monitorare le catture accessorie di specie protette come il tursiope (Tursiops truncatus) e la tartaruga marina (Caretta caretta).
Secondo Bruxelles, non sarebbero stati nemmeno effettuati studi aggiuntivi né adottate misure concrete per garantire che le catture accidentali non abbiano un impatto significativo sulle popolazioni.
Il problema, secondo l’Ue, riguarda anche la protezione di uccelli marini nei siti Natura 2000.
Specie come la berta di Scopoli (Calonectris diomedea), la berta di Yelkouan (Puffinus yelkouan), l’uccello delle tempeste europeo (Hydrobates pelagicus) e il marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis desmaresti) rischierebbero di subire perturbazioni significative a causa della pesca.
La Commissione ha inviato a Roma una lettera di messa in mora nel febbraio 2024. Tuttavia, le risposte italiane non hanno convinto Bruxelles: gli obblighi di monitoraggio e protezione rimangono sostanzialmente inadempiuti.
Ora, la Commissione ha deciso di inviare un parere motivato, il secondo stadio della procedura di infrazione UE.
Con il parere motivato, l’Italia ha due mesi per dimostrare di aver colmato le lacune evidenziate da Bruxelles. In caso contrario, la vicenda sarà portata davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con possibili conseguenze economiche e legali.
Tuttavia, il caso evidenzia anche il delicato equilibrio tra tutela ambientale e pratiche economiche nazionali.
Molti osservatori sottolineano come le richieste della Commissione possano apparire eccessive o poco calibrate rispetto alla realtà delle attività italiane di pesca, creando frizioni tra la sovranità nazionale e le direttive europee.
L’Italia si trova quindi costretta a navigare tra obblighi internazionali e necessità di tutelare le proprie risorse marine senza compromettere le economie locali.
Se Roma riuscirà a presentare un piano credibile di monitoraggio e protezione delle specie, la procedura potrà essere chiusa senza sanzioni. Se invece non interverrà, il deferimento in Corte sarà inevitabile, aprendo un nuovo capitolo del braccio di ferro tra Italia e Bruxelles.
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