Ieri, 14 dicembre, l'assemblea nazionale del Partito Democratico si è riunita al Nazareno per un dibattito acceso sulle strategie future, in vista della sfida delle elezioni politiche del 2027.
L'evento, atteso come momento di conferme per la segreteria di Elly Schlein, si è rivelato tutt'altro che un plebiscito.
La leader dem ha difeso con vigore la sua linea progressista e movimentista, ma le tante assenze (erano presenti circa 250 persone su un totale di 978), le votazioni interne e gli interventi critici hanno evidenziato crepe profonde.
Nessun consenso unanime, insomma: astensioni e dissenso da parte di una minoranza significativa di delegati riformisti hanno impedito un pieno appoggio.
Così, l'assemblea pensata per rilanciare l'unità, ha invece amplificato le tensioni, con accuse di immobilismo e di eccessiva radicalizzazione. Questo nonostante l'ufficializzazione del passaggio nella maggioranza di Stefano Bonaccini, Alessandro Alfieri, Simona Bonafè, Piero De Luca ed Eugenio Giani.
La segreteria Schlein, insediata nel 2023, ha puntato su un profilo identitario e conflittuale, opponendosi frontalmente al governo Meloni su temi come il Jobs act e le riforme fiscali.
Ieri, però, questa scelta ha mostrato i suoi limiti. Diversi esponenti moderati, tra cui figure storiche hanno apertamente criticato la leader per il "rischio di ghetto progressista". Negli interventi come quello di Pina Picierno si è parlato di un Pd che "perde il centro" e aliena gli elettori moderati. Inoltre, non sono mancate le frizioni sul ddl Delrio contro l'antisemitismo.
I riformisti accusano Schlein di aver sacrificato il pragmatismo per l'ideologia.
"Schlein ignora i ceti produttivi", ha tuonato un delegato lombardo.
E anche quando Schlein ha cercato di rassicurare dicendo di voler essere la segretaria di tutti, Simona Malpezzi l'ha messa così.
Lia Quartapelle ha incalzato:
E, infine, Sandra Zampa:
Ma tant'é: è stato il fantasma di Giuseppe Conte ad aleggiare sull'assemblea. L'ex premier, leader del M5S, resta un "amico-nemico" per il Pd, soprattutto dopo le sue ultime dichiarazioni ad Atreju: alleato su temi sociali, ma divisivo per la sua ambizione egemonica sul campo progressista.
Ieri, diversi interventi hanno rimproverato a Schlein di aver ceduto troppo al "contismo".
Questa dinamica mina l'unità: i riformisti temono un "fronte ampio" che diluisca il Pd in un contenitore grillino, mentre la base contiana (ex Leu) spinge testardamente per il Campo largo.
Eppure, dei sondaggi mostrano che il 35% degli elettori dem vede Conte come "alleato tossico".
Schlein ha difeso la strada del dialogo, ma c'è sempre la possibilità in casa Pd di un congresso anticipato.
Come dire: l'assemblea del 14 dicembre, più che sancire il trionfo di Elly Schlein, ha evidenziato tutte le sue fragilità. Per il Pd, il nodo è ricostruire un equilibrio tra riformismo e progressismo, prima che Conte e le divisioni interne lo rendano irrilevante.
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