Nella Basilica di San Pietro Papa Leon XIV presiede la messa di Natale, riprendendo una tradizione che era viva fino ai tempi di Papa Wojtyla, prima di affacciarsi a mezzogiorno dalla Loggia delle Benedizioni per il messaggio Urbi et Orbi alle 12,00.
Nell’omelia, il Pontefice intreccia il mistero dell’Incarnazione con le ferite del presente, offrendo una lettura del Natale come evento che interpella le coscienze e chiede una scelta concreta per la Pace. Al centro del suo messaggio c’è, infatti, proprio la pace che nelle ultime ore ha invano invocato almeno per il giorno di Natale.
La pace non come slogan, ma come realtà fragile, già presente, che attende di essere riconosciuta e accolta.
“È un nuovo giorno! Anche noi partecipiamo di questa svolta, alla quale nessuno sembra credere ancora: la pace esiste ed è già in mezzo a noi”.
Con queste parole il Papa apre la sua riflessione, invitando a guardare il Natale non come una semplice ricorrenza, ma come l’inizio di qualcosa di radicalmente nuovo. Richiamando il Vangelo, il Pontefice ricorda le parole di Gesù ai discepoli:
spiegando che si tratta di una pace diversa, che nasce dal servizio e dall’amore, non dalla forza.
Questa pace, sottolinea, si manifesta in modo paradossale: è un dono che “ci sorprende perché si espone al rifiuto, ci incanta perché ci strappa all’indifferenza”.
Nel cuore dell’omelia emerge anche la denuncia di un’umanità ferita: tanti fratelli e sorelle sono “spogliati della dignità e ridotti al silenzio”.
Il Papa allarga poi lo sguardo alle grandi crisi del nostro tempo, chiamando per nome le sofferenze che segnano il mondo.
È una domanda che scuote e che collega direttamente il presepe alle periferie del mondo.
La riflessione si fa ancora più dura quando il Pontefice parla dei conflitti armati e dei giovani coinvolti.
La pace, ribadisce il Papa, nasce da un cambiamento profondo dello sguardo e del cuore:
È una pace che “nasce da un vagito accolto, da un pianto ascoltato”, che prende forma “fra rovine che invocano nuove solidarietà”.
Il Vangelo, conclude, non nasconde le difficoltà di questo cammino, ma continua a chiamare uomini e donne a essere messaggeri di pace, capaci di attraversare le resistenze e di raggiungere cuori inquieti, spesso attratti proprio da ciò a cui oppongono resistenza.
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