L'anno che si chiude ci lascia ancora un'Italia spaccata in due. Il 2025, nonostante i segnali di ripresa economica post-pandemia e le promesse di convergenza territoriale, conferma un Paese diviso tra un Nord dinamico e un Sud che arranca.
La fotografia scattata dall'Istat nei suoi "Conti economici territoriali negli anni 2022-2024", pubblicata proprio mentre si archivia l'anno, è impietosa: crescita del Pil e consumi più vivaci al Nord-ovest, mentre il Sud resta indietro non solo su occupazione e reddito disponibile, ma anche su Pil pro-capite e dinamiche settoriali.
Questa disparità non è un semplice dato statistico, ma un'emergenza strutturale che sfida le politiche nazionali, il ruolo dei fondi europei e la capacità del governo Meloni di invertire un dualismo che dura da decenni.
Il Nord-ovest guida la classifica con un +1%, trainato dai Servizi finanziari, immobiliari e professionali (+3,9%) e dal Commercio, pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni (+1,3%). L'Industria segna una lieve flessione (-0,5%), mentre gli Altri servizi calano del -2,5%, peggiore della media nazionale (-0,9%).
Nel Centro, il Pil sale dello 0,8%, sopra la media, grazie all'Agricoltura (+5,3%), Servizi finanziari (+1,6%), Costruzioni (+1,5%) e Industria (+1,2%). Il Commercio e affini perdono lo 0,4%.
Al Mezzogiorno, la crescita è esattamente uguale alla nazionale (+0,7%), ma frenata dagli Altri servizi (-0,6%) e dall'Industria (-0,4%). Positivi, invece, Costruzioni (+3,7%) e Servizi finanziari (+2,3%).
Il Nord-est chiude con un misero +0,1%, sintesi di cali nel Commercio (-2%) e Altri servizi (-0,9%), bilanciati da Agricoltura (+4,8%), Servizi finanziari (+1,7%) e Costruzioni (+1%).
Sul fronte dei consumi, il Nord-ovest eccelle ancora, confermando la sua leadership.
La spaccatura emerge cristallina nei valori pro-capite. Il Nord-ovest domina con 46,1 mila euro di Pil nominale pro-capite, mentre il Mezzogiorno si ferma a 25 mila euro, meno della metà.
Il reddito disponibile delle famiglie per abitante nel Sud (17,8 mila euro) è il più basso d'Italia, pari a circa il 70% di quello del Centro-Nord (25,9 mila euro).
L'occupazione nel Mezzogiorno rimane il tallone d'Achille: nonostante i lievi progressi nelle costruzioni e nei servizi specialistici, l'industria e i servizi generici zavornano la crescita.
Questa forbice riflette squilibri strutturali: il Nord beneficia di ecosistemi industriali maturi e poli finanziari, mentre il Sud lotta con carenze infrastrutturali, spopolamento e dipendenza da settori volatili.
I dati Istat non colgono solo il 2024, ma perpetuano un dualismo decennale, aggravato da inflazione differenziata e accesso diseguale ai fondi PNRR.
Il 2025 archivia un'Italia a due velocità, come testimonia l'Istat, con un Nord-ovest che accelera e un Sud che non decolla.
Serve un cambio di paradigma: investimenti mirati in innovazione meridionale, riforme fiscali redistributive e politiche attive del lavoro. Senza interventi decisi, il 2026 rischierà di cristallizzare questa frattura, minando la coesione nazionale e la competitività europea.
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