10 Feb, 2022 - 20:00

Giorno del ricordo: la cerimonia al Senato

Giorno del ricordo: la cerimonia al Senato
Il 10 febbraio si celebra il giorno del ricordo dei massacri delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata. Istituita nel 2004, si celebra il 10 febbraio ogni anno. Quest’anno, la solenne celebrazione è avvenuta a Palazzo Madama al Senato, alla presenza della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, del presidente del Consiglio Mario Draghi e quello della Repubblica Sergio Mattarella. Alla cerimonia è presente anche la Vice presidente della Corte costituzionale Daria De Pretis, il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, quello dell’Istruzione Patrizio Bianchi, il Presidente della FederEsuli Giuseppe De Vergottini e la Vice presidente vicaria nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Donatella Schurzel.

Mattarella: "Giorno della memoria richiama al raccoglimento e alla solidarietà"

Il Capo dello Stato ha rilasciato per il giorno del ricordo una nota: "Il Giorno del Ricordo richiama la Repubblica al raccoglimento e alla solidarietà con i familiari e i discendenti di quanti vennero uccisi con crudeltà e gettati nelle foibe, degli italiani strappati alle loro case e costretti all’esodo, di tutti coloro che al confine orientale dovettero pagare i costi umani più alti agli orrori della Seconda guerra mondiale e al suo prolungamento nella persecuzione, nel nazionalismo violento, nel totalitarismo oppressivo. È un impegno di civiltà conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli istriani, dei fiumani, dei dalmati e degli altri italiani che avevano radici in quelle terre, così ricche di cultura e storia e così macchiate di sangue innocente. I sopravvissuti e gli esuli, insieme alle loro famiglie, hanno tardato a veder riconosciuta la verità delle loro sofferenze. Una ferita che si è aggiunta alle altre. La sciagurata guerra voluta dal fascismo e l’occupazione nazista furono seguite, per questi italiani, da ostilità, repressione, terrore, esecuzioni sommarie aggravando l’orribile succedersi di crimini contro l’umanità di cui è testimone il Novecento. Crimini che le genti e le terre del confine orientale hanno vissuto con drammatica intensità, generando scie di risentimento e incomprensione che a lungo hanno segnato le relazioni tra popoli vicini". Nel lungo messaggio per il giorno del ricordo, il Presidente Mattarella ricorda poi: "L’Europa nata dalla pace e il dialogo ravvivato dall’affermazione delle democrazie hanno aperto e sviluppato una strada nuova. Queste memorie hanno guadagnato rispetto, dignità, ascolto. Sono storia vissuta, monito e responsabilità per il futuro. Il ricordo, anche il più doloroso, anche quello che trae origine dal male, può diventare seme di pace e di crescita civile. Questo è l’impegno di cui negli ultimi anni il nostro Paese si è reso protagonista insieme alla Slovenia e alla Croazia per fare delle zone di confine una terra di incontro e prosperità, di collaborazione, di speranza. La scelta di Gorizia e Nova Gorica, che saranno congiuntamente Capitale della Cultura europea 2025, dimostra quanto importante sia per l’intera Unione che la memoria delle oppressioni disumane del passato sia divenuta ora strada dell’amicizia, della comprensione, del primato della dignità delle persone, nel rispetto delle diversità e dei diritti".

Giorno del ricordo, Draghi: "I confini non siano causa di conflitto"

Da palazzo Madama il presidente del Consiglio Mario Draghi ha ribadito come i confini non debbano essere causa di conflitti e ha invitato a proseguire a costruire una memoria storica condivisa.  "A distanza di oltre settant’anni, dobbiamo cogliere l’opportunità di questa giornata per continuare a indagare sulle cause profonde di quanto accaduto. E dobbiamo continuare a costruire una memoria storica condivisa". "Dobbiamo guardarci l'un l'altro con benevolenza e con rispetto", ha detto il premier. "Oggi commemoriamo le donne e gli uomini uccisi per mano dei partigiani jugoslavi e dalla persecuzione del regime di Tito" ha detto Draghi "e ricordiamo tutti coloro che furono costretti a lasciare la propria terra. Le loro storie sono un avvertimento quanto mai attuale del pericolo rappresentato dai totalitarismi e dalla violenza politica. Perché quelle divisioni, quell’odio, quei soprusi non trovino mai più spazio né in Italia né in Europa".
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Lorenzo Capezzuoli Ranchi
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