Zinedine Zidane compie 50 anni, il campione francese ha rilasciato una lunga intervista a L’Equipe parlando della sua carriera. Tra le prime domande, quella sul suo futuro, visto il costante accostamento nell’ultimo periodo al PSG: Mai dire mai, soprattutto oggi, da allenatore. Da giocatore avevo la possibilità di andare praticamente in tutti i club al mondo. Da allenatore invece non ti cercano in cinquanta, magari in due o tre". Il racconto di una carriera da parte di Zidane, partito da casa giovanissimo per inseguire il sogno di diventare calciatore: "Andare via a 14 anni mi ha cambiato la vita. Lasciare casa e famiglia ti fa crescere e ti fa diventare uomo. I più preoccupati erano i miei genitori, non io. Decisero di mandarmi a vivere in una famiglia: era la sola condizione perché mi lasciassero partire. Avevano paura delle frequentazioni pericolose.
Così partii per Cannes, dove mi reclutò il signor Varraud, che per me è stato come un secondo padre. E pensare che quando mi vide giocare a Septème, neanche facevo il centrocampista. Mancava un difensore e mi misero lì. Sapete perché mi prese? Perché feci un tunnel nella mia area di rigore... Da quel momento ho iniziato a lavorare come un matto. I miei genitori erano dispiaciuti che lasciassi gli studi, ma io volevo diventare un calciatore. Ci ho messo tutto me stesso, volevo fossero fieri di me".
Fondamentale nel percorso da calciatore per Zinedine Zidane, fu il passaggio al Real Madrid. Nel corso della sua intervista all’Equipe, ha svelato un retroscena sul suo arrivo, in un incontro a cena con Florentino Perez che gli lasciò un messaggio su un fazzoleto: 'Vuoi venire?'. Io gli risposi su un altro tovagliolo: 'Yes'. Mi chiede ancora perché gli scrissi in inglese. Avrei potuto scrivere in francese, lingua che conosce bene, o in spagnolo. Ma scrissi "yes", e tutto è partito così". Zidane ha poi spiegato la decisione sul proprio numero di maglia: "Il cinque è un po' il mio numero fortunato. Ad esempio, ho vinto cinque Champions League con il Real Madrid, tra quella del 2002 da giocatore, quella vinta da assistente di Ancelotti e le tre da allenatore. Anche in famiglia è un numero che torna spesso. Poi, in albergo voglio andare sempre al quinto piano: al 99%, vinciamo. Ma comunque, scelsi il 5 al Real perché Florentino mi disse: 'Qui i numeri vanno dall'1 all'11. Non esiste 35 o 40. L'unico libero è il 5'. Gli dissi: 'Benissimo, lo prendo subito'. Quel numero mi ha dato tanto".
Zidane, nel corso della sua intervista a L’Equipe, è tornato sulla finale del Mondiale del 2006 persa contro l’Italia. Impossibile non cominciare dalla testata a Materazzi nel corso dei supplementari: "Quel giorno ero fragile. Sapevo che mia mamma non stava bene. Niente di grave, ma ero preoccupato. Con lei c'era mia sorella. Lui non offese mia mamma. Quando dice che non ha offeso mia mamma, dice la verità. Però disse qualcosa su mia sorella. In campo spesso ci sono insulti, ci si parla male, ma di solito non succede niente. Quel giorno invece è successo quello che è successo. Non vado fiero di quello che ho fatto, ma lo accetto. Quando sei in un momento di fragilità è quando rischi di commettere errori...". Passaggio finale poi sul cucchiaio a Buffon: Era al 7° minuto, ne restavano altri 83. Anche se l'avessi sbagliato, avrei potuto rifarmi dopo. Poi, davanti avevo uno dei più forti portieri al Mondo, Gigi Buffon, che mi conosceva. Dovevo provare qualcosa. Non avevo mai fatto il cucchiaio".
Zinedine Zidane ha poi chiuso l’intervista col suo sogno più grande: Voglio diventare il ct della Francia. Lo diverrò, spero, un giorno. Sarebbe la chiusura di un cerchio che mi ha fatto vivere la più grande emozione da calciatore. E quindi, dal momento che ho vissuto certe cose da giocatore, ora che sono allenatore ho in testa la Francia, certo.Nel futuro mi vedo ancora allenare. Ma mi piacerebbe gestire un club di calcio anche da dirigente".