C’è sicuramente molto di personalistico, nel modo di comunicare di Carlo Calenda. Il leader di Azione si caratterizza per un carattere particolarmente veemente, specie sui social, dove è solito affondare di qua e di là i suoi avversari politici. Su Twitter, poi, l’azione comunicativa ha qualcosa di compulsivo. È, per distacco, quello con la frequency di pubblicazione più elevata.
Negli ultimi giorni gli attacchi sembrano concentrarsi un po’ di più sul centrosinistra e, quindi, su Letta. Il centrodestra riceve fuoco da ogni dove, è la coalizione più forte ed è normale che sia così, tutti provano a loro modo a gettare fango, Calenda (aiutato da Renzi) compreso. Ma loro se la prendono anche con Letta, in una perenne opera di triangolazione: un colpo di qua, un colpo di là, con l’intento di apparire come i migliori. Tra i due litiganti, i terzi godono.
La necessità è quella di accreditarsi quale alternativa sia alla destra che alla sinistra, questo lo abbiamo capito. Ma c’è un problema di assonanza cognitiva. Calenda e Renzi, per quanto si sforzino di celarlo, si portano dietro il loro passato nel PD. Questo vale, specialmente, agli occhi degli elettori di centrodestra. D’altronde il primo è stato eletto alle europee nelle liste del PD, il secondo ne è stato addirittura Segretario. E mica uno di poco conto. Poiché cercano di pescare elettori da ambo le parti, Calenda e Renzi devono convincere quelli di centrodestra che loro non sono come quelli del PD. O del centrosinistra in generale. Sono qualcosa di altro che può, anche, accogliere le loro istanze a livello di proposte e politiche. Ecco allora che per il terzo polo attaccare il centrosinistra è addirittura più importante che attaccare il centrodestra. Una ragione politica, comunicativa e cognitiva. Eccone un esempio, un vero e proprio rimbrotto pedagogico di Calenda ad Enrico Letta: