Nel 2020 un medico di base di Firenze è morto di Covid dopo averlo contratto dai pazienti che visitava domiciliarmente: l'assicurazione aveva negato un risarcimento alla figlia ma il tribunale - dopo una lunga causa - ha stabilito che era da considerarsi un infortunio sul lavoro. La compagnia assicurativa ha risarcito la famiglia del dottore con 130 mila euro.
Il medico protagonista della vicenda è morto nel 2020 dopo aver contratto il Covid mentre assisteva pazienti ricoverati in una Rsa del nord Italia e, inoltre, svolgeva la sua attività andando a visitare i suoi pazienti a domicilio, nonostante anche essi fossero positivi. L'assicurazione aveva respinto la richiesta di indennizzo e non voleva risarcire la famiglia, facendo leva sul fatto che il Covid-19 non è un infortunio ma, bensì, una malattia, contestando che il medico avesse contratto il virus mentre svolgeva la sua attività.
Una decisione che non stava bene alla figlia, affidatasi all'avvocato Jacopo Pepi per fare giustizia al padre defunto e ricevere il risarcimento che, secondo lei e i suoi legali, gli spettava di diritto. Alla fine il tribunale di Vercelli ha dato ragione alla figlia del medico morto di Covid, affermando che si trattava di infortunio sul lavoro come si legge nella sentenza:
Il tribunale ha stabilito che la morte del medico è da ritenersi un infortunio sul lavoro perché il decreto legge 17 del marzo 2020 classifica il Covid come tale:
La compagnia assicurativa dovrà ora risarcire la famiglia di 130 mila euro, di cui 125.000 a titolo di indennizzo mentre i restanti 5.000 come penale per il ritardo nella liquidazione.
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