Sguardi complici, pacche sulla spalle e sorrisi. Sembra esserci qualcosa di più della mera eleganza formale dietro l'atteggiamento che sabato mattina hanno avuto l'ex Premier, Mario Draghi, ed il nuovo Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Le impressioni fanno appiglio sui messaggi di comunicazione non verbale, quindi dalla prossemica dei due, ma anche e soprattutto sulle notizie che filtrano da palazzo Chigi. Draghi e Meloni, infatti, prima del rituale della campanella, si sono intrattenuti in un colloquio durato più di un'ora. Tra gli addetti ai lavori non è mancata la curiosità: mai, a memoria, un avvicendamento alla presidenza ha visto una interlocuzione così allungata. Questo è sintomatico di diverse cose ma quella più importante è che la transizione tra i due esecutivi non solo è amicale - nonostante Meloni fosse l'unica grande forza di opposizione al precedente governo - ma anche collaborativa.
Cordialità a parte, quindi, è una questione di contesto. La situazione attuale vede l'inflazione crescere parallelamente ai costi. Tutte eco, che assumono le fattezze di picconate, del conflitto tra Russia ed Ucraina. Avvicinandoci all'inverno la situazione potrebbe anche peggiorare motivo per cui, con una posta in gioco così elevata, il vecchio ed il nuovo hanno pensato di avanzare insieme. Il primo per continuare a fare l'interesse del paese, la seconda per cominciare con il piede giusto.
La notiza più succosa che suggella la linea di continuità è la nomina di Roberto Cingolani, ormai ex Ministro per la Transizione Ecologica, come consulente. Notizia che ha già incassato diversi pareri positivi. Cingolani affiancherà, in qualità di advisor, il nuovo Ministero guidato da Picchetto Fratin. Cambia il nome del Ministero (ora Ambiente e Sicurezza Energetica) ma non la mission: lavorare sull'energia per portare, nel tempo, ad uno sganciamento dalle risorse russe. Parliamo di un dicastero evidentemente cruciale visti i giorni che corrono, ragione per cui Giorgia Meloni ha ben pensato di dotarsi di una figura interna capace di consigliare ed orientare la prosecuzione sui dossier già aperti.
C'è poco da invertire il cammino, dunque. Le esigenze di Giorgia Meloni, almeno per il momento, saranno le stesse di Draghi: alleviare le bollette e domare l'inflazione. Probabile, dunque, che il primo atto del nuovo governo possa essere quello di chiedere al Parlamento l'autorizzazione ad utilizzare i quasi 10 miliardi di euro, utili a prorogare gli aiuti in bolletta, che Draghi lascia in eredità. Un patrimonio accumulato, tra le altre cose, grazie all'operato dell'ex Ministro Franco. Il quale, a proposito di continuità, ha espresso parole importanti per il suo successore leghista Giancarlo Giorgetti. Il nuovo governo dovrà anche aggiornare Nadef (nota di aggiornamento di economia e finanza) e Dbp (Documento Programmatico di Bilancio). Passaggi propedeutici alla presentazione della legge di bilancio che avverrà tra novembre e dicembre.
Insomma, i prossimi passaggi sono tanti e di una certa importanza. Questo governo sarà giudicato in prima istanza sui problemi che gravano concretamente su tutti: energia e bollette. Temi su cui il lavoro di Draghi è stato notevole. Ecco perché Meloni opta per la continuità. Se sarà per sempre, è tutto da vedere. Se questa linea toccherà anche altri ambiti, altrettanto. È plausibile immaginare che Meloni andrà a cercare altrove i mezzi per la sua accountabilty agli occhi dell'elettorato di centrodestra e conservatore che l'ha votata. Se questo - per motivi di contesto e realpolitik - non è possibile su euro, europa, bollette, energia e guerra in Ucraina, potrebbe esserlo altrove. Magari sui diritti civili e sociali o l'immigrazione. È qui, forse, che il nuovo governo cercherà di dimostrarsi di centrodestra. O di destra.