Accadde oggi, 5 gennaio 1968: comincia la Primavera di Praga. Quella che è passata alla storia come la Primavera di Praga, cominciò esattamente 55 anni fa con l'avvento al potere di Alexander Dubcek. Si trattò di un moto popolare che appoggiò il processo di democratizzazione e di riforme voluto proprio da Dubcek.
Il processo di destalinizzazione che si era sviluppato in Cecoslovacchia dall’inizio degli anni 60, venne accompagnato da crescenti pressioni in senso riformista (soprattutto tra intellettuali e studenti) e da una forte ripresa dell’autonomismo slovacco. Dubcek assunse la direzione del partito, Svoboda divenne presidente della Repubblica e Cernik capo del governo.
Il rinnovamento di gran parte del gruppo dirigente cecoslovacco aprì la strada a un processo di democratizzazione e di riforme che ottenne presto un largo sostegno popolare, investendo importanti aspetti della vita politica ed economica del Paese: libertà di stampa, federalizzazione del Paese, riattivazione dei partiti non comunisti e delle organizzazioni di massa, riorganizzazione del sistema produttivo, maggiore autonomia dall’URSS e altro.
Il timore, da parte di Mosca, che questi sviluppi potessero pregiudicare la collocazione internazionale della Cecoslovacchia e rappresentare una minaccia per la stabilità dell’intero blocco comunista dell'Europa orientale, portò a una serie di pressioni e di avvertimenti da parte dell'Unione Sovietica nei confronti di Praga. Avvertimenti che non bastarono e così, il 21 agosto dello stesso anno, i carri armati del Patto di Varsavia invasero la Cecoslovacchia. I dirigenti cecoslovacchi furono costretti a bloccare il processo riformatore, progressivamente indeboliti e infine sostituiti da una nuova leadership più gradita all'URSS (nella foto: Alexander Dubcek nel 1991 con il presidente dell'allora Germania Ovest Richard von Weizsäcker).
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