Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella commemora il 55esimo anniversario del terremoto del Belice, il sisma che colpì la valle siciliana la notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 provocando circa 300 vittime.
Nel definire quella notte orribile, il capo dello Stato parla di "dolore straziante" rivolgendo il primo pensiero "ai discendenti di quelle famiglie che sconfissero la disperazione e che dopo hanno tracciato nuove vie". "Una prova durissima", così la dipinge il leader del Quirinale, a cui "il Paese intero si unì nel dolore e nella sofferenza delle comunità colpite". Successivamente la nota fa cenno a un periodo in cui l'Italia sarebbe stata messa a dura prova dalla sua particolare conformazione idrogeologica, un tema ancora oggi fonte di dibattitto nella politica quanto nell'opinione pubblica.
Il terremoto del Belice fu dunque occasione di riflessione nella tragedia, visto che la Repubblica, come sottolineato nel messaggio da Mattarella, creò una serie di organi istituzionali volti a fronteggiare questo tipo di fenomeni, sia in forma di prevenzione, che di soccorso, che di ripresa dopo l'accaduto.
La nota si conclude con un elogio allo spirito di solidarietà mostrato in quell'occasione e anche in altri momenti complicati, dove Nord e Sud sono stati fianco e fianco come poche volte nella storia del secondo dopoguerra. In testa, lo "spirito di dignità e di difesa dei propri diritti delle popolazioni colpite, capaci di trasformare il dramma e il senso di perdita in una nuova energia".
Da un punto di vista prettamente morfologico, il Belice racchiude il confine tra le province di Agrigento, Palermo e Trapani. Per la popolazione locale fu una ferita profondissima che rimase aperta fino a quarant'anni dopo, quando nel 2006 venne definitivamente chiuso il centro allestito per gli sfollati (che il poeta Sciascia definì "un campo di concentramento") che poterono così fare ritorno nei luoghi di origine. Non mancheranno eventi di commemorazione e cerimonie nei piccoli comuni colpiti dal sisma, dove sarà rinnovato l'appello affinché la politica non dimentichi le comunità vittime del sottosuolo, "nei confronti delle quali lo Stato ha un debito enorme": così si legge in una nota.
Di quella notte rimane un ricordo tangibile all'altezza della Grotte di Santa Ninfa, ossia l'opera dell'artista Alberto Burri (denominata "Il Cretto") che ritrae in scala i danni provocati dal terremoto. Qui rimangono i ruderi di Gibellina vecchia e Salaparuta, le frazioni più colpite dalla forza del sisma.