Nella vicenda legata all’arresto di Matteo Messina Denaro mancava la prospettiva di chi ha vissuto in prima persona il mondo della mafia: è il caso di Gaspare Mutolo, una delle figure di spicco tra i pentiti ed ex autista personale di Totò Riina. Nel 1991 il passo indietro definitivo e la collaborazione con i giudici Falcone e Borsellino.
Attraverso una lunga intervista, l’ex esponente di Cosa Nostra racconta la sua versione dei fatti e le incongruenze rilevate rispetto alla narrazione e alla sequenza degli avvenimenti.
Ma da dove nasce questa convinzione? Per Mutolo, sono troppe le coincidenze che non fanno combaciare perfettamente le tessere nel puzzle dell’arresto di Messina Denaro.
Partendo dall’individuazione e dalla perquisizione del covo, il pentito è convinto che l’appartamento di Campobello di Mazara sia stato ripulito dei suoi beni più preziosi proprio sapendo che ci sarebbe stata una perquisizione. Anche perché non hanno trovato l’agenda rossa di Borsellino.
Risalendo la cronistoria, anche nelle modalità di arresto della Primula Rossa qualcosa non torna. L’atmosfera e il clima di euforia in cui il boss si è consegnato alla giustizia è anomalo, troppa tranquillità per essere un momento comunque particolare visto lo spessore criminale del personaggio. Quasi una sfilata sulla passerella. Mutolo precisa poi meglio il concetto parlando di cattura programmata per il quieto vivere del momento.
A consolidare la sua tesi apporta altri due elementi nel quadro: il fatto che non si percepisse grande tensione tra le forze dell’ordine e, soprattutto, l’inspiegabile solitudine del boss mentre entra per l’ultima volta all’interno della clinica, senza alcuna ombra a guardargli le spalle.
Sul tasto dolente della possibilità di una trattativa tra Stato e mafia anche in questo frangente l’ex guardaspalle non ha dubbi: C’è stata e sempre ci sarà, citando i fasti degli anni Novanta in cui il governo fu vicino a sconfiggere la malavita. L'ipotesi di qualche ammorbidimento in materia di giustizia, come l'ergastolo ostativo o il 41 bis, sarebbero i modi in cui secondo il suo parere lo stato ha intenzione di sdebitarsi.
L'analisi non cambia di una virgola quando si ritorna a parlare dei suoi covi. Mutolo è incredibilmente sorpreso dell'ipotesi che "un massimo esponente della massoneria e della mafia non abbia custodito nulla di compromettente all'interno della sua abitazione".
Infine, c'è l'incredibile indifferenza da parte della comunità di Campobello di Mazara. "Almeno l’80% delle persone sapeva che Messina Denaro si aggirava per le vie della città. Quando sono stato latitante e stavo a 300 metri da casa mia, in zona lo sapevano tutti. Figuriamoci se non lo sapevano i vicini di Messina Denaro", ricorda Mutolo in un parallelismo con il suo passato.