Continueremo a dare battaglia al Governo sul tema degli immigrati". Non usa giri di parole Tania Scacchetti, segretario confederale della Cgil con delega all’immigrazione. Il sindacato di Corso Italia infatti parteciperà sabato 11 marzo alla manifestazione pacifica, insieme a tante altre associazioni, dal motto verità e giustizia per le vittime della strage di Cutro. Tag24 ha intervistato Tania Scacchetti per fare una fotografia alla situazione dei migranti in Italia, per evidenziare anche il loro contributo alla società e al mondo del lavoro.
Segretario, la Cgil parteciperà alla manifestazione di sabato 11 marzo a Cutro. Perché avete scelto di aderire?
Abbiamo aderito a un appello che hanno contributo a costruire tante associazioni, per dare un segnale alle vittime e ai familiari della strage di Cutro, al territorio che ha saputo reagire con dignità e indignazione. La presenza di associazioni nazionali vuol dire aprire un percorso, rafforzato dai dibattiti per cambiare le politiche sulle immigrazioni in Italia e in Europa. E anche un segnale per dire che questo è evento che andava evitato e poteva essere evitato. C’è una responsabilità collettiva.
Cosa ne pensate del consiglio di Ministri a Cutro e di quelle che sono le intenzioni del Governo per contrastare il traffico di migranti?
Dovremo capire la portata complessiva di questo consiglio dei Ministri. L’arrivo del governo è tardivo rispetto a quanto accaduto. Mattarella da solo davanti le bare ha reso in maniera esplicita una difficoltà e un cinismo del Governo, che tenta di recuperare con un provvedimento. È sbagliato contrapporre il migrante regolare all’irregolare, perché rischiamo di parlare di prospettive diverse. Anteporne una situazione all’altra. Se ci fosse un provvedimento che agevola e trasparente, lo guarderemmo con attenzione. Abbiamo un sistema di legge che di fatto legittima l’irregolarità. Preoccupa, a fronte di una idea di inasprimento delle pene, che può essere legittima per chi delinque, che si continua con l’idea di fermare le partenze o finanziare gli stati o i regime che perdurano nelle situazioni di sfruttamento degli immigrati. Tutto questo non si può affrontare come singolo paese, è un tema europeo. Continuano a percorrere a la strada sbagliata".
Qual è la situazione dei lavoratori migranti in Italia?
Parliamo di lavoratori, oltre 5 milioni, che sono stabilmente qui in Italia da molti anni. Se non avessimo delle politiche così scellerate e sbagliate, con il reperimento della mano d’opera straniera, rileggeremmo il nostro mercato del lavoro. Gli immigrati coprono settori essenziali della nostra economia, penso alla cura delle persone o ai lavori domestici. La condizione è prevalentemente di segregazione, pur contribuendo alla crescita del Pil e alla tenuta del welfare. Gli immigrati versano molto di più di quello che verseranno gli italiani, c’è una segregazione del mercato del lavoro. E faticano a emergere per le loro competenze, che magari hanno acquisito nei loro paesi. I fenomeni di caporalato sono aumentati in molti settori. Se perdurano le norme che impediscono la regolarizzazione degli immigrati, penso al settore domestico, penso all’agricoltura, ci sarà allora una situazione che colpisce tutte le persone coinvolte. La regolarizzazione dovrebbe essere dal punto di vista del diritto soggettivo.
Cosa ne pensate della tanto invocata legge sull’immigrazione, la Bossi-Fini?
Come Cgil l’abbiamo contestata fin dalla sua uscita, dandone un giudizio negativo. Legittima l’illegalità e nei fatti la propone come un modello economico. Abbiamo tentato di cambiarla, attraverso interventi che ne diminuissero l’impatto. Come anche i decreti Salvini, poi depotenziati. Non so se il Paese sia maturo per un abolizione del testo unico sull’immigrazione. Il Governo è orientato a inasprire le norme e i comportamenti. Assume un atteggiamento di paternalismo: ossia prendere solo l’immigrato che si comporta bene.
Darete battaglia al Governo sul tema dell’immigrazione?
Abbiamo sempre fatto battaglia, saremo pronti. Non abbiamo mai rinunciato a dire le cose che pensiamo, a dimostrare che la narrazione è diversa dalla realtà dei fatti.