La Germania si appresta a dire addio definitivamente al nucleare: sabato 15 aprile saranno infatti spenti i tre reattori rimasti (Isar, Emsland e Neckarwestheim), come previsto dagli accordi siglati precedentemente dall’attuale Esecutivo.
Berlino diventerà così il terzo Paese dell’Ue, dopo Italia e Lituania, ad abbandonare questo tipo di alimentazione. Il loro destino è stato prolungato di diversi mesi per consentire alla Germania di scongiurare una possibile carenza energetica in concomitanza con la guerra in Ucraina. Sembrano infatti lontani i tempi in cui le continue interruzioni dei gasdotti Nord Stream paventavano lo spettro di un inverno al freddo e al gelo.
Le operazioni di dismissione degli impianti graveranno sulle casse pubbliche per 23 miliardi di euro.
A chiudere questo capitolo sarà Robert Habeck, vicecancelliere e ministro dell'Economia, nonché esponente di rilievo dei Verdi. Nel suo piano industriale, la Germania sostituirà l’energia nucleare con il gas e le energie rinnovabili, con l’obiettivo di produrre l’80% della domanda entro il 2030.
Pur annunciata, la decisione è stata oggetto di tantissime polemiche per le sue ripercussioni economiche. Il presidente della Dihk, l'associazione delle Camere di commercio e dell'industria tedesca (l’equivalente della nostra Confindustria) ha avvertito il Governo sul possibile razionamento futuro a causa di possibili intoppi legati alla transizione ecologica. Dal canto suo, Habeck ha rassicurato che il suo compito sarà quello di garantire sempre un livello sufficiente a soddisfare il bisogno dell’intera nazione.
Il rapporto tra Berlino e il nucleare si è corroso nei primi anni Duemila, quando l’allora governo di centrosinistra approvò una legge per impedire la costruzione di nuove centrali. Come in molti altri casi, vedi il referendum in Italia del 1987, a scatenare questo clima di preoccupazione era stato il disastro di Chernobyl. Nel 2010 Angela Merkel annunciò che il fine vita delle centrali nucleari tedesche sarebbe slittato per aumentare le forniture di energia a basse emissioni di carbonio.
Nel 2012, a margine dell’incidente di Fukushima, in Germania si sollevò una rivolta popolare che costrinse l’ex cancelliere a decretare lo stop definitivo entro il 2022.