Dall'efferato delitto salito alla ribalta delle cronache con il nome di "strage di Erba" sono passati quasi 17 anni. Era l'11 dicembre del 2006 quando, in uno degli appartamenti di una palazzina al numero 25 di via Armando Diaz, a Erba, in provincia di Como, Raffaela Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini furono uccisi a colpi di coltello e spranga. Le indagini che ne seguirono portarono alla condanna in via definitiva all'ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi vicini delle vittime. Ma da sempre, attorno al caso, aleggiano segreti e misteri. E c'è chi, fin dall'inizio, sostiene l'innocenza dei due imputati. Per questo, dopo tanti anni, si starebbe ora decidendo di riaprire il caso. Abbiamo parlato degli ultimi sviluppi con il criminologo Carmelo Lavorino.
È arrivato il momento di fare un po' di chiarezza", aveva dichiarato, lo scorso gennaio, Olindo Romano, detenuto insieme alla moglie, Rosa Bazzi, per la strage di Erba. Nonostante la condanna all'ergastolo in via definitiva, i due coniugi si sono sempre dichiarati innocenti, sostenendo di essere stati incastrati. Una versione che, dopo anni di indagini e misteri, ha ora portato il sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, a depositare una relazione per l'eventuale riapertura del caso sulla base di nuovi testimoni e nuove intercettazioni ambientali acquisiti dalla difesa. A decidere se procedere sarà il procuratore generale, Francesca Nanni, insieme al suo braccio destro, l'avvocato Lucilla Tontodonati. Per alcuni si tratta di una scelta obbligata per fare luce su quanto realmente accaduto.
Insomma, per Lavorino i due coniugi sarebbero innocenti e sarebbero vittime di un grande errore della giustizia, un "grande abbaglio", come l'ha definito il collega e amico Eugenio Montolli che per anni, come giornalista investigativo, si è occupato del caso e delle sue profonde contraddizioni.
Sarebbe stata la cattiva gestione delle indagini, secondo Lavorino, ad incastrare i due coniugi. "Per me sono assolutamente innocenti", ha dichiarato, puntando il dito anche contro "lo psichiatra Massimo Picozzi, loro consulente tecnico", il quale "permise che la trasmissione Mixer proiettasse parte della pseudo-confessione dei due coniugi", alimentando ancor di più, anche a livello di opinione pubblica, i sospetti nei loro confronti. Sospetti nati agli esordi e mai abbandonati, finendo per manipolare le indagini. Con la possibile riapertura del caso a tanti anni dai fatti, l'augurio, secondo il criminologo, è che "si possa finalmente arrivare alla verità, che si possa restituire un po' di dignità ai coniugi e che possa trionfare la giustizia".