Clivense in Serie D, parla Sergio Pellissier a Tag24. La squadra che raccoglie l'eredità lasciata dal Chievo tre anni era ripartita dalla Terza categoria e nel giro di pochissimo tempo ha compiuto una scalata che l'ha portata alla quarta divisione del calcio italiano.
La Clivense sale in Serie D, parla a Tag24 il presidente Sergio Pellissier, bomber storico del Chievo e capitano dei gialloblù per anni: nel corso della sua carriera l'attaccante aostano ha totalizzato più di 500 presenze dal 2000 al 2019. Pellissier non si è limitato solo a diventare presidente della Clivense ma è sceso anche in campo nella stagione 2021\2022 all'età di 42 anni e a due anni dal suo ritiro dal calcio giocato.
Andremo in Serie D per la prima volta visto che siamo nati solamente due anni, dalla Terza Categoria. Certamente più si sale più si arriva vicini al calcio dei professionisti. La Serie D è la categoria in cui ci si abitua a diventare professionisti. E' una categoria complessa.
Intanto economicamente servono più introiti e poi si affrontano squadre che puntano a salire ed incontri altri club che hanno ambizioni importanti ed è una categoria dove sei obbligato a far giocare giovani non ancora pronti e quindi devi ringiovanire molto la squadra. Quei giocatori devono essere l'ago della bilancia.
Sognare è bello, è l'unica cosa che non è costosa. Bisogna sempre puntare al massimo di quello che si può fare e prendere quello che il campionato ti dà: cercheremo di rendere la squadra più competitiva possibile sapendo che ci sono società che investono milioni di euro. Bisogna essere bravi a competere e avere quel pizzico di fortuna più degli altri per poter portare a casa il campionato. Non sarà semplice come in Terza Categoria: è stato complicato anche in Eccellenza quest'anno.
Sono stati dei momenti difficili e brutti perché ti accorgi non c'è più quella società a cui hai dato tanto, dove hai sacrificato tantissimo e ti sei ritrovato a lottare da quando sei arrivato fino all'ultimo giorno per un ideale, una passione, una maglia. Capisci che non hai più la casa dove sei cresciuto, è stato un dispiacere enorme.
Non lo riempiono come in A perché è più piccolo. Però va detto che l'affetto e l'attaccamento di queste persone a questo progetto è grande, certo non è quel nome e non ha tutto quello che era il Chievo però c'è chi lavora e ci mette la faccia con voglia di far crescere la società che c'era prima quindi è una continuazione di un progetto importante. Abbiamo tante persone che ci hanno seguito dalla Terza Categoria anche perché abbiamo fatto due anni fantastici e ci siamo tolti tante soddisfazioni e loro ci sono sempre stati, nel bene e nel male, questa è la soddisfazione più grande che ci possono dare.
Questo non lo so. Ci saremo chiamati Chievo due anni fa se non fosse stato che ce lo hanno impedito. Il marchio andrà all'asta e vorremo riuscire a riportarlo a casa dove ci sono persone che ci tengono: sarebbe bello se tornasse da noi.
Ne sono passati di anni dal mio arrivo. Sono arrivato nel 2000, poi sono andato in prestito, poi tornato, dopo mi sono dovuto diventare conquistare il posto e poi sono diventato capitano. Ho avuto momenti belli e brutti, i miei anni più belli sono arrivati nella negatività della prima retrocessione: sono diventato capitano e ho fatto 2-3 anni fantastici, tornammo subito in Serie A. In quegli anni mi ero ritagliato un posto da titolare inamovibile e mi sono conquistato la Nazionale. Quei due anni sono stati i più belli al Chievo.
Sì ho visto il campionato. E' stato davvero bello, non era scontato nulla a parte la vittoria del Napoli che ha conquistato uno scudetto strameritato perché è stata la squadra che ha giocato meglio. Tutti gli altri posti sono ancora da decidere e questa è una cosa bella: erano anni che c'erano tante squadre che lottava per la Champions o per la salvezza con risultati particolari ogni domenica quindi è veramente un campionato avvincente.