La giustizia italiana oggi ha fatto un grande passo avanti nella lotta contro la mafia: la Procura di Palermo ha ottenuto il processo immediato per Andrea Bonafede, dipendente comunale di Campobello di Mazara, accusato di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena nei confronti del boss mafioso Matteo Messina Denaro. L'imputato, denominato il "postino" del boss, ha scelto di farsi processare con il rito abbreviato.
Secondo l'accusa, il dipendente comunale Andrea Bonafede ha aiutato il capomafia a eludere le indagini delle autorità e a sottrarsi all'esecuzione delle pene definitivamente irrogate per numerosi delitti efferati. Come? Facendo avere a Messina Denaro, durante la latitanza, centinaia di ricette e prescrizioni sanitarie intestate falsamente al cugino geometra che aveva prestato l'identità al boss.
I giudici del Tribunale del riesame, nel respingere la richiesta di scarcerazione dell'imputato, hanno sottolineato la gravità dei suoi comportamenti, che hanno consentito a Messina Denaro di ridurre la sua esposizione e il conseguente rischio di essere individuato e arrestato. Il "postino" del boss, come è stato definito Bonafede, ha agito con la piena consapevolezza dell'identità di Messina Denaro e delle conseguenze delle sue azioni.
Il Tribunale ha anche evidenziato la possibile connessione tra l'azione illecita di Bonafede e le attività dell'associazione mafiosa Cosa Nostra, operante nella provincia di Trapani. L'imputato, infatti, ha agito con la consapevolezza che le sue azioni potessero inscriversi nelle possibili utilità dell'associazione mafiosa.
Il processo ad Andrea Bonafede rappresenta senza ombra di dubbio un importante passo avanti nella lotta contro la mafia in Italia. Grazie all'operato della Procura di Palermo e dei giudici coinvolti nel caso, la giustizia italiana dimostra di essere determinata a combattere la criminalità organizzata e a garantire la tutela dei diritti dei cittadini.