Aljaksandr Lukashenko: a lungo considerato come un mero tirapiedi di Putin e l'estensione del suo potere in Bielorussia, ora sembra essersi ritagliato uno spazio di autonomia aiutando Vladimir Putin a gestire la ribellione del Gruppo Wagner facendo da mediatore quando il gruppo mercenario era ormai a poche centinaia di chilometri da Mosca. L'analisi del Institute for the Study of War (ISW), celebre think tank statunitense, sostiene che il supporto dato al vecchio presidente al suo alleato al Cremlino potrebbe renderlo meno succube e passivo rispetto all'invadenza russa.
Intorno alle 19:00 del 25/06, Lukashenko ha annunciato di avere proposto un patto soddisfacente per Prigozhin, leader del gruppo Wagner, e che di conseguenze i ribelli Wagner avrebbe interrotto la marcia verso Mosca. Più tardi, Dimitrij Peskov, portavoce di Putin, ha dichiarato che l'accordo prevedeva l'esilio di Prigozhin in Bielorussia, in cambio della caduta di tutti i procedimenti per alto tradimenti contro di lui.
Non è del tutto chiaro cosa Prigozhin farà in Bielorussia: potrebbe lavorare come consulente militare di Lukashenko, ma è difficile che il Cremlino si fidi a lasciarlo in una posizione di potere dopo una sollevazione così pericolosa e spettacolare. Non è neanche chiara la sorte del suo esercito privato, il gruppo Wagner. Peskov afferma che i reparti che si sono rifiutati di partecipare alla rivolta entreranno nell'esercito russo regolare; quelli insorti, invece, potrebbero forse rimanere al servizio di Prigozhin.
In ogni caso, l'attività di mediatore di Lukashenko è stata fondamentale, anche perché ha evitato a Putin l'umiliazione di trattare direttamente con un traditore. Il presidente russo e i suoi portavoce hanno ringraziato personalmente Lukashenko per l'opera svolta.
La situazione politica di Lukashenko è molto complicata. Il presidente bielorusso governa di fatto come un dittatore, peraltro piuttosto impopolare. Durante le rivolte del 2014 (collegate al Maidan ucraino) e del 2020 (in seguito a pesanti brogli elettorali), solo il supporto diretto di Putin ha permesso a Lukashenko di restare al potere.
L'amicizia di Putin non è tuttavia disinteressata. Pur non essendo entrata in guerra, la Bielorussia ha dovuto consentire all'esercito russo di utilizzare il suo territorio come base d'attacco per l'assedio di Kiev, conclusosi con una vittoria ucraina. Queste concessioni hanno attirato sulla Bielorussia numerose sanzioni. Il popolo bielorusso è almeno in parte filo-ucraino, e sono avvenuti numerosi sabotaggi dei treni continenti rifornimento per l'esercito russo.
Lukashenko chiaramente non approva la guerra, e preferirebbe un quieto vivere che gli consentirebbe di governare senza troppe instabilità. Per questo, potrebbe utilizzare il successo diplomatico come carta da giocare nel caso Putin gli chiedesse un coinvolgimento più diretto come ad esempio l'ingresso in guerra, che lo esporrebbe inevitabilmente a proteste e instabilità. Secondo ISW, Lukashenkopotrebbe anche evitare richieste di entrare nella Federazione Russa.