Nel corso dell'ultima udienza del processo ad Alessia Pifferi, la 37enne accusata di omicidio volontario pluriaggravato per aver lasciato morire di stenti, abbandonandola da sola in casa, la figlia di 18 mesi, è salita sul banco dei testimoni la vicina di casa, Letizia. Davanti ai magistrati la donna ha raccontato gli attimi che hanno seguito il ritrovamento del corpo della piccola Diana, sostenendo che la madre si sia preoccupata solo di sé stessa e delle conseguenze delle sue azioni. Una versione dei fatti che combacia con quella di uno degli operatori del 118 intervenuti sul posto al momento della tragedia.
Sono queste le parole che una vicina di casa della 37enne ha rivelato nel corso dell'ultima udienza del processo che vede quest'ultima indagata per omicidio volontario pluriaggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi. Letizia, questo il nome della teste, ha riferito ai magistrati ciò che sarebbe successo negli attimi immediatamente successivi al ritrovamento del corpicino della piccola Diana, morta dopo essere stata abbandonata da sola in casa per sei giorni, mentre la madre frequentava il nuovo compagno a Bergamo.
Una menzogna, come quelle raccontate al compagno e alla nonna della bambina, a cui aveva riferito che era in buone mani. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, l'avrebbe lasciata su un lettino da campeggio con un solo biberon di latte, non prima di averle somministrato dei tranquillanti per evitare che piangesse e allarmasse il vicinato. Una volta rientrata dalle vacanze l'aveva trovata senza vita.
La versione dei fatti della vicina di casa di Pifferi combacia con quella di uno degli operatori del 118 intervenuti nell'abitazione di Milano il giorno della scoperta del cadavere della bambina.
ha riferito l'uomo in aula, spiegando che la donna aveva raccontato a lui e ai suoi colleghi di essere partita il giovedì precedente, lasciando Diana in compagnia di una baby sitter di cui, rientrando, non aveva trovato alcuna traccia.
Secondo gli esperti che l'hanno visitata in carcere, Pifferi sarebbe affetta da un grave ritardo mentale. Ecco perché, nonostante sia stata giudicata in grado di stare a processo, secondo la difesa non sarebbe stata capace di intendere e di volere, al momento dei fatti. Per l'accusa, invece, sì. E la madre e la sorella, costituitesi parti civili al processo, sperano che possa pagare per quanto ha commesso.