Il muro più alto è quello del governo, che guarda con diffidenza e sospetto lo sviluppo dell'intelligenza artificiale generativa. Almeno per quanto concerne l'utilizzo privato. Fatto sta che in Cina lo sviluppo di quest'ultima incontra notevoli problemi. Anzi: pura ostilità. Ne sa qualcosa ChatGpt, il capostipite, che nel Paese non è mai entrato. Non può, non deve. Punto.
Il controllo sui contenuti imposto da Pechino - riporta il "Financial Times" - non aiuta proprio la diffusione di "I.A.". Sebbene le aziende cinesi partirono lancia in resta nel suo sviluppo, dando da subito filo da torcere agli americani, salvo poi, forzatamente, rallentare vistosamente la corsa. Il problema resta infatti nel cammino verso l'utente finale. Uno: i nuovi prodotti di intelligenza artificiale generativa devono essere controllati dalle autorità preposte. Due: occorrerà dotarsi di una licenza per poter sviluppare nuovi prodotti nel campo.
Insomma, come ironizza il "Washington Post",
Si prospettano allora tempi durissimi per Tongyi Qianwen di Alibaba, realtà a dir poco concorrenziale nei confronti di ChatGpt. Presentato già ad aprile, il modello Tongyi Qianwen ("Verità a mille domande", la traduzione secondo la Reuters. E ci fidiamo, visto che Google Translate impazzisce) nella presentazione redigeva lettere di invito, pianificava itinerari di viaggio e consigliava agli acquirenti sui tipi di trucco da acquistare.
Su un punto, comunque, l'I.A. cinese resta... imbattibile. Scrive sempre il "Post":
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