Un frate degli ordini minori dei cappuccini di Rovigo e di stanza a Lonigo, provincia di Vicenza, lavorava da anni per allontanare da un'anziana fedele, ora deceduta, i parenti e gli amici e farle così terra bruciata intorno, abusando della sua debolezza psichica ed emotiva. Facendo leva sul rapporto che si era instaurato nel tempo, il frate si è fatto conferire una procura generale con cui ha potuto gestire i beni della signora e farsi nominare come eredito unico all'interno del testamento. Ma il campo di azione dell'uomo di chiesa non si è concluso qui. Nei mesi precedenti al decesso, l'ecclesiastico aveva iniziato a trasferire denaro dai conti della signora ai propri.
Nella giornata di giovedì, i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia finanza di Vicenza e il nucleo operativo radiomobile dei carabinieri hanno avuto un mandato di perquisizione personale, domiciliare e informatica nei confronti del frate per il delitto di circonvenzione di persone incapaci. Sono state al centro dell'indagine la casa della madre dell'indagato a Torri di Quartesolo e la sua abitazione a Vicenza. Inoltre, il giudice dell'indagine preliminare di Vicenza su richiesta della procura ha ordinato il sequestro preventivo di 459.479,53 euro, divisi tra tre conti correnti tutti intestati al frate.
La perquisizione è arrivata a qualche mese di distanza dall'avvio dell'indagine, iniziata a marzo in seguito alla denuncia del frate da parte del fratello della vittima, rappresentato dall’avvocato Luca Segalla. Secondo il fratello il frate era ben consapevole delle ricchezze che la donna aveva ereditato dall'ex compagno, la cui madre era la zia dell'uomo denunciato. La procura di Vicenza ha così aperto un fascicolo a carico del frate. La questione, secondo quanto stabiliscono gli accordi tra Stato e Chiesa, ha interessato direttamente anche l'autorità ecclesiastica, e più nel dettaglio i vescovi di Vicenza e di Rovigo e il ministro provinciale dell’ordine dei frati Cappuccini veneti.
Quello di Vicenza, dunque, non si presenta come un caso isolato. Già nel 2016, a Legnaro, in provincia di Padova, don Lucio Sinigaglia, parroco della chiesa di San Michele Arcangelo, aveva speso per sé migliaia di euro lasciati in custodia a lui, ma destinati ai più poveri. Nel 2014 il farmacista di paese Franco Focherini aveva donato alla Caritas 15 milioni di euro per aiutare coloro che ne avessero avuto bisogno. Sinigaglia, nel giro di soli quattro mesi, aveva prelevato circa 250.000 euro per spese tutt'altro che di nobili intenzioni: vacanze, ristoranti di lusso, moto, auto e operazioni chirurgiche. Il parroco alla fine aveva patteggiato ed era stato condannato a 1 anno e 9 mesi.