I cittadini di Israele insorgono contro il governo di Netanyahu: le proteste stanno dilagando in tutto il paese a seguito della modifica sulla cosiddetta clausola di ragionevolezza, uno dei punti più contestati della riforma della giustizia.
La norma limita il potere dei giudici della Corte Suprema, impedendo loro di ribaltare le decisioni e le nomine dell'Esecutivo e dei ministri con l'accusa di essere «irragionevoli».
La capitale Tel Aviv è stata la città più interessata dalle proteste che da ieri sera animano tutto il Paese. I manifestanti sono scesi in strada a migliaia, bloccando la principale autostrada, la Ayalon. La polizia è intervenuta per disperdere la folla con i forti getti dei cannoni ad acqua e, dopo che la situazione era degenerata in violenti scontri tra agenti e manifestanti, ha dovuto erigere delle barricate.
I media locali parlano di 34 arresti in tutta la Nazione legate alle proteste contro la riforma della giustizia a firma Netanyahu, 15 di questi sono a Tel Aviv. Durante gli scontri con la polizia si sono registrati anche alcuni feriti: 4 agenti sono stati colpiti, mentre 3 manifestanti hanno riportato lievi contusioni a causa di un furgone che si è lanciato sul corteo.
Non è la prima volta che la riforma della giustizia fortemente voluta dal premier Netanyahu causa il malcontento della popolazione. Il recente passo avanti nella sua attuazione, ossia l'approvazione della clausola sulla ragionevolezza, segna un nuovo capitolo di questi scontri con il governo, che ormai pare aver imboccato la via dell'autoritarismo.
La legge sulla ragionevolezza, vietando ai giudici della Corte Suprema di controbattere alle decisioni del Governo, elimina di fatto uno strumento di controllo fondamentale, allontanando il Paese dalla democrazia e dal pluralismo. Questo quanto sostengono le opposizioni e quanto si grida nelle piazze di tutta Israele.
Da parte di Netanyahu però non arrivano passi indietro: per il leader di estrema destra la misura è necessaria per consentire di governare in pieno accordo con le norme democratiche. Non così convinto sembra il popolo, che continua a combattere nelle strade per i suoi diritti.