Potrai anche essere una brava chef - e Mareme Cissé lo è - ma purtroppo mai tanto abile da trovare ricette così efficaci contro l'ignoranza, l'inciviltà, il razzismo. Anzi, una turista sulla sessantina e il suo accompagnatore entrata al Ginger - people& food di Agrigento, il ristorante di Mareme Cissé, ha rifiutato anche solo di assaggiare la cucina della chef. La ragione è semplice. Incomprensibile, ridicola, ma drammaticamente semplice. La signora ha letto il menù, ha chiamato la cameriera, ha chiesto se la chef fosse nera e, alla risposta affermativa, ha lasciato il locale. Assieme al compagno.
L'abbiamo edulcorata perché, da quanto riferiscono i presenti, la signora avrebbe chiesto proprio se fosse "neg..". La famosa "n-word" che gratta sul palato e dice tanto, ma soltanto di chi la usa.
"Gustoso" è stato il post pubblicato su Facebook dal presidente della cooperativa sociale Capp che gestisce appunto il Ginger, Carmelo Roccaro. La sua "Lettera a una sconosciuta" ha raccontato la vicenda, trovando tanto sostegno in giro. Una notizia "un po' originale" (ma purtroppo non molto di questi tempi) che, citando De André, "come una freccia dall'arco scocca" e "vola veloce di bocca in bocca". In questo caso di clic in clic.
Forte e dolorosa. Anzi quasi intollerabile (aggettivo in questo caso appropriato) la frase di Roccaro che fa:
Mareme Cissé è nata in Senegal e ha raggiunto il marito in Italia, ad Agrigento, nel 2012. Grazie al suo cous cous ha vinto diverse competizioni, tra cui un titolo mondiale. Buono, buonissimo. Non abbastanza.
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