Aveva appena compiuto 21 anni, il detenuto che lo scorso 10 settembre si è tolto la vita in carcere a Regina Coeli. Stando a quanto emerso finora, era stato isolato perché i medici sospettavano che avesse contratto la scabbia. Il suo caso segue di qualche ora quello dell'uomo morto a causa di un malore al Mammagialla di Viterbo nel corso di una rivolta.
A diffondere la notizia della morte del 21enne detenuto per furto all'interno del carcere romano è stato il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), secondo cui il giovane era stato messo in isolamento perché affetto da scabbia.
ha dichiarato Donato Capece, segretario generale del Sappe, aggiungendo:
Il suo obiettivo è mettere in luce come vicende del genere non facciano che stressare, esasperandola, la situazione - già critica - delle carceri italiane. E che per questo episodi del genere dovrebbero essere evitati in tutti i modi. La responsabilità, secondo lui, sarebbe da rinviare alla gestione fallimentare da parte dell'attuale Capo della DAP Giovanni Russo, accusato di "non fare nulla"
Sono in tanti, oltre a Capece, a pensare che le carceri siano da riformare. Tra gli altri, lo ha messo in evidenza anche Paolo Ciani, capogruppo Demos in assemblea capitolina, sostenendo che:
Come farlo? Aumentando il numero degli agenti, sempre minore rispetto a quello dei detenuti, assicurando un maggiore controllo; ma anche prevedendo una serie di servizi che, all'interno delle varie strutture, possano contribuire a coinvolgere maggiormente i reclusi all'interno delle comunità locali in cui si trovano, lavorando e svolgendo attività di volontariato, come gli educatori chiedono a gran voce.
Il rischio, altrimenti, è di assistere a una deriva, come quella che in questi giorni sta interessando le carceri laziali: non solo Regina Coeli, ma anche il Mammagialla di Viterbo, dove, nel corso di una rivolta, un detenuto è morto a causa di un malore e un altro ha provato a suicidarsi. Un'escalation da tanti rinviata alla situazione di sovraffollamento in cui versa la struttura, dove, per ogni 3 detenuti, ci sono due posti. Situazione che invita alla riflessione e all'azione.
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